Digiunare dalla parola. La mostra di H.H. Lim a Milano
Quanto può essere insensata e limitante la parola? A chiederselo è H.H. Lim, in mostra da Gaggenau DesignElementi in occasione della Design Week
“Si può dire solo nulla: destinazione e destino di ogni discorso. Ma solo questo nulla è proprio quel che si dice: la verità del discorso intesa come esperienza stessa del suo errore”, diceva Carmelo Bene nel 2001. Parole che si adattano perfettamente a raccontare i lavori di Hooi Hwa Lim (Malesia, 1954), attualmente in mostra a Milano presso lo spazio espositivo di Gaggenau, azienda tedesca di luxury design.
Curata da Sabino Maria Frassà e realizzata in collaborazione con CRAMUM in occasione della Milano Design Week, la rassegna propone una selezione di opere in cui l’artista malese si interroga sul ruolo e sul valore della comunicazione nella società contemporanea.
“Quante parole pronunciamo in un giorno? Quante sono necessarie a esprimere e catturare il flusso dei nostri pensieri? E a quante saremmo disposti a rinunciare in un ipotetico esercizio di ‘digiuno della parola’?”, si chiedono l’artista e il curatore. Da queste domande trae origine una riflessione sul consumismo della parola e sulla sua mancanza di significato intrinseco.
LA MOSTRA DI H.H. LIM A MILANO
A Roma dal 1976, H.H. Lim ha preso parte a quattro edizioni della Biennale di Venezia. La sua pratica artistica esplora i cortocircuiti fra linguaggio e significato, fra apparenza e realtà: particolarmente indicativa, in tal senso, la sua performance Red Room (2004), in cui inchiodò la propria lingua a un tavolo, costringendosi a ripudiare la parola come mezzo di comunicazione. L’artista spiega, infatti, che “la parola necessita sempre un corpo a cui attaccarsi, a cui riferirsi. Isolata nella sua entità, e quindi privata del corpo, essa non ha alcun senso”. Bastano una virgola, un punto o una differenza d’intonazione per trasformare il significato di una parola: lo evidenzia chiaramente l’opera NO, NO? NO. NO!, che dà anche il titolo alla mostra.
LE OPERE DI H.H. LIM IN MOSTRA DA GAGGENAU
L’insensatezza del linguaggio, la sua virtualità estrema e il fascino che esso esercita su Lim si traducono in video, opere a parete e sculture che spesso, con una sagace ironia, invitano alla partecipazione. Fra i lavori più riconoscibili in mostra, infatti, vi sono le Sitting Sculptures: comunissime sedie dell’IKEA sulla cui seduta in alluminio sono impresse frasi, parole o segni che suggeriscono la lettura dell’opera. Invitando il visitatore a sedervisi, le Sitting Sculptures tentano di restituire all’arte e al design una democraticità spesso minacciata dalle dinamiche del mercato.
Attraverso queste opere, Lim riflette anche sulle possibilità di creare rapporti affettivi con gli oggetti addirittura superiori a quelli umani: la sedia diventa un compagno confortevole in quanto muto, privo della necessità di un linguaggio; al contrario, le relazioni umane appaiono sempre mediate dalla comunicazione verbale e, dunque, inevitabilmente fallaci e insensate.
Alberto Villa
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