La lingua segreta della pittura. Raffaele Rossi a Pietrasanta
Evocano atmosfere alchemiche, quasi magiche, le tavole dipinte da Raffaele Rossi negli spazi della Kyro Art Gallery. Offrendo uno sguardo speciale sulla pittura
Negli spazi della Kyro Art Gallery di Pietrasanta, la mostra di Raffaele Rossi (Alba, 1956) è un percorso avvincente tra gli oceani vaporosi della pittura, dove atmosfere impalpabili portano a riconoscere segni, tracce, gesti che oscillano tra il desiderio della rappresentazione e il nulla, tra l’immagine e la sua sparizione in paesaggi della mente, intesi dall’artista come veri e propri sentimenti del tempo, come scavo nella muta archeologia dell’essere.
Richiamando alla memoria l’argot (art goth), linguaggio metaforico per eccellenza a detta di Victor Hugo perché carico di mistero, di vaghezza allusiva, di artificio, di impenetrabilità gergale, Rossi propone con Argotica (il titolo è anche quello di un lavoro recente) un viaggio allegorico tra le lingue segrete della pittura, dove l’alchemico, il magico e il religioso si incontrano per esprimere leggerezza, impalpabilità, riflessi di riflessione raggrumati, resi pigmento cromatico, impasto tiepido e morbido.
LA MOSTRA DI RAFFAELE ROSSI A PIETRASANTA
Ventisette meravigliose tavole, su una parete della galleria (tra queste Il mio cielo del 2023 esprime una forza antica, atavica), sembrano aggrapparsi, costruire un discorso plastico aggettante, quasi una scala che spinge verso l’infinito. In due eleganti cornici di ferro Vincitore (2023) e La mia laguna (2022) sono due ampi e ariosi lavori in cui si legge l’impasto e si scorge qualcosa che sembra venir fuori dalla nebbia della storia. Tre Cieli (2023) su carta in una cornice metallica (tesi quasi a suggerire il croccante e ossimorico rapporto tra il fragile e l’infrangibile) sono appartati, mentre due libri timidi che vogliono essere guardati e sfiorati (Giornale di bordo con venti pagine dipinte e Giornale di bordo con sedici pagine dipinte, sempre del 2023) invitano, con una grande barca (Argotica, 2023) al viaggio, quasi a trasformare il pavimento in acqua e lo spettatore in un esploratore che vaga nella risacca di sogni in cui appare chiara la nostalgia del presente.
Antonello Tolve
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