Moda, kitsch e classicità nella mostra di Chalisée Naamani a Milano
Il valore politico della moda è il fulcro della riflessione dell’artista francese in mostra nella galleria Ciaccia Levi. E tra i suoi riferimenti c’è anche Piero della Francesca
Entrando nello spazio della galleria Ciaccia Levi a Milano si è travolti da un turbinìo di immagini, colori, oggetti, tappeti orientali e scritte che, combinati insieme, costituiscono la base della ricerca artistica di Chalisée Naamani (Neuilly-sur-Seine, 1995).
Già dal titolo della mostra ‒ nel fashion system si usa dire “Quando va male, il leopardo” per indicare che una collezione di abiti maculati viene creata per sopperire alla scarsità di vendite di quella precedente ‒ capiamo che il potere politico e culturale della moda è pervasivo. Questo è visibile, ad esempio, nell’opera Do not put clothing on your words dove, attraverso foto modificate e poster strappati, si medita sulla condizione della donna nel Medioriente.
Ricorrendo a patchwork di immagini, stoffe e oggetti, l’artista cerca anche nuove interpretazioni del mito, come in Athéna, nella quale una tenda rossa fotografata in una chiesa milanese richiama alla mente una scena dei Cavalieri dello Zodiaco dove si dice che dietro alla tenda rossa c’è il Tempio di Atena, equiparato da Naamani al telefono cellulare nell’epoca contemporanea.
LA MOSTRA DI CHALISÉÈ NAAMANI A MILANO
La ricerca dell’artista va anche verso il kitsch e il falso, evocati da borse, ciondoli o souvenir di viaggio che non sono griffati ma imitazioni a basso prezzo. Ne è un esempio French Kiss and Orientalism: l’omaggio a Parigi è filtrato da una piccola Tour Eiffel di plastica e da una coperta ricoperta di baci, da silhouette della celebre Torre e da scritte che riportano la parola Paris.
Tutti questi elementi sono racchiusi in quattro opere che, nell’intenzione dell’artista, vorrebbero richiamare i quattro scomparti principali rimanenti del Polittico di Sant’Agostino di Piero della Francesca. Il richiamo al classico è evidente in quanto le figure dei santi che compongono il Polittico fanno capolino tra le pieghe dei tessuti, insieme a borse false, gioielli di bigiotteria e frasi di canzoni rap.
È la stessa Naamani a chiarire cosa sta alla base della sua arte: “Non scelgo gli abiti solo per ragioni estetiche. Cerco di raccontare storie attraverso forme, colori e accessori adatti. Archivio ossessivamente immagini tratte dalla vita quotidiana, screenshot e scansioni che poi combino per crearne di nuove”. A colpire sono la varietà materica degli oggetti e il lavoro continuo di costruzione e decostruzione svolto dall’artista, con lo scopo di trovare sempre nuovi significati alle combinazioni di oggetti.
Marco Saporiti
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