Artisti e viaggiatori. La mostra di Ennio Tamburi e Antonio Marchetti Lamera a Roma
Una nuova galleria apre nel movimentato quartiere romano di San Lorenzo, creando dialoghi fra un grande artista del Novecento e colleghi contemporanei. Il primo è Antonio Marchetti Lamera, in mostra da ETworks
L’apertura di una nuova galleria è sempre una buona notizia, per le inedite possibilità di ricerca e osservazione che, in prospettiva, offre. Quando poi lo spazio è dedicato non solo a esplorare il percorso di artisti viventi, ma a valorizzare al contempo un grande irregolare del Novecento, stimolando il dialogo tra la sua opera ormai storicizzata e quella in pieno svolgimento di nuovi contemporanei, l’operazione risulta doppiamente interessante.
Per questo motivo si segnala con fiducia l’avvio di ETworks Studio, uno spazio espositivo aperto nel cuore dello storico quartiere San Lorenzo di Roma da Vanessa Tamburi con l’intento di stimolare il dialogo tra l’opera del padre, Ennio Tamburi (Jesi, 1936 ‒ Roma, 2018), il cui archivio è in parte ospitato proprio presso la galleria, e artisti che di Tamburi condividano principi estetici e, in fin dei conti, etici, a partire dallo spirituale minimalismo caratteristico della sua lunga ricerca. Affidato a una giovanissima e ambiziosa gallerista, Vanda Focanti, fresca di studi curatoriali a Londra, ETworks Studio ha esordito con una doppia personale, Spaziotempo, a cura di Roberto Lacarbonara, grande conoscitore dell’opera di Tamburi, in cui alcuni lavori su carta di quest’ultimo dialogano con la produzione più recente di Antonio Marchetti Lamera (Bergamo, 1964).
ENNO TAMBURI E ANTONIO MARCHETTI LAMERA IN MOSTRA A ROMA
Si tratta di un incontro incentrato con coinvolgente equilibrio su una singolare continuità tematica fra le opere in mostra: una serie di grandi inchiostri su carta di Tamburi, astratti a prima vista ma in realtà “estratti” da visioni materiali care all’artista nella sua quotidianità – il disegno di alcune piazze di Zurigo, nello specifico, in cui Tamburi amava passeggiare durante i suoi lunghi soggiorni svizzeri – s’alternano alle complesse tecniche miste, sempre su carta, con cui Marchetti Lamera rende il delicato variare della luce in spazi urbani accuratamente selezionati, vissuti e osservati (Amsterdam, in questo caso), avendo particolare cura dell’ombra che s’annida al fondo dei colori di cui è fatta la nostra visione del mondo.
Grandi viaggiatori entrambi, Tamburi e Marchetti Lamera si ritrovano così a definire, tanto per se stessi che per chi osserva, uno spazio d’attenzione che metta in risonanza tempi diversi, fino a farne un continuo entro il quale si svolge il passaggio del momento. Torna in mente a questo proposito un passo dalle Città invisibili di Italo Calvino, che ben s’attaglia al percorso di ciascuno dei due artisti: “Quello che lui cercava era sempre qualcosa davanti a sé, e anche se si tratta del passato era un passato che cambiava man mano egli avanzava nel suo viaggio, perché il passato del viaggiatore cambia a seconda dell’itinerario compiuto… Arrivando a ogni città il viaggiatore ritrova un suo passato che non sapeva più d’avere”. Vale lo stesso per l’artista che, per di più, con il proprio movimento, può estendere un passato d’altri, farlo proprio, e offrirlo all’osservatore come uno spazio-tempo nuovo, a portata di uno sguardo.
Luca Arnaudo
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati