Teli neri e cieli stellati nella mostra di Giovanni Oberti a Siena
È pensato appositamente per la galleria Fuoricampo il progetto espositivo dell’artista bergamasco. Che ha abbassato il soffitto e ha creato una installazione fatta di stelle
Già dal titolo, come in quasi tutte le mostre di Giovanni Oberti (Bergamo, 1982), si percepisce una sorta di dualismo antinomico rispetto a ciò che realmente è e quello che apparentemente sembra, un metodo tanto semplice quanto efficace per poter attraversare in senso reale e metaforico i differenti e se vogliamo emblematici aspetti del tempo.
La mostra alla galleria Fuoricampo di Siena può essere raccontata come una storia fatta da tante visioni che “informano” i materiali e ne configurano al contempo un’estetica elegante e raffinata, figlia di riferimenti alla storia dell’arte, dell’architettura e del design.
Varcando la soglia della galleria, lo spettatore viene avvolto da un’atmosfera intima, a tratti straniante, dove le opere, concepite come autentici dispositivi, creano un contrappunto visivo e di senso.
LA MOSTRA DI GIOVANNI OBERTI A SIENA
Un telo nero bucato, un cielo buio stellato, è anche il titolo dell’installazione ambientale che occupa con il grande telaio rivestito di geomembrana nera la parte alta della galleria abbassandone il soffitto e riducendone la luminosità.
Una sorta di grande quadro (4×7 metri) che l’artista buca, crivellandone la superficie con un punteruolo per consentire alla luce di attraversarla e ricreare un cielo stellato, metafora temporale dell’esistenza ma anche affascinante e democratica scenografia dell’umanità.
Sotto al “cielo stellato” è installata Piove lacrime nuove, una scultura a parete dove da un vaso di vetro poggiato su una mensola d’acciaio, sfruttando il principio dei vasi comunicanti, uno straccio imbevuto di acqua lascia gocciolare cadenzate stille in un vaso posto sul pavimento, come una clessidra ad acqua. In un romantico dialogo con A un soffio dal buio, altra scultura a parete con una lampada a olio posta su una mensola di acciaio e polvere.
Per ultimo ma non per importanza Il peso ai piedi dell’appeso, un tappeto di lana trovato, arrotolato su se stesso e inserito in un tubo di vetro quasi a volerne custodire la polvere, la memoria, il tempo, va a occupare il pavimento.
Per Oberti questo progetto si pone come un ulteriore step nella sua personale indagine dove il tempo circolare viene mediato dagli elementi e attraverso il quale alimenta le differenti tensioni dialettiche tra il proprio spazio immaginifico e quello pubblico della condivisione espositiva.
Gino Pisapia
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