Gli artisti neri dell’America del Sud in mostra a Londra
Sono racconti di sopruso e dolore, ma anche di speranza quelli che emergono dalla mostra alla Royal Academy of Arts. Per tenere bene a mente una storia che parla di schiavitù e desiderio di riscatto
Per generazioni gli artisti neri del sud degli Stati Uniti, lavorando con poco riconoscimento, hanno creato opere i cui soggetti e materiali risentono degli strazianti effetti delle leggi di Jim Crow (1877-1964), che servivano a mantenere la segregazione razziale nei servizi e nei luoghi pubblici, nelle scuole e sui mezzi di trasporto. Queste crudeli imposizioni hanno limitato, oltre alla libertà fisica, la libertà di espressione.
La mostra Souls Grown Deep like the Rivers ai Burlington Gardens della Royal Academy di Londra narra il lavoro di artisti neri (nati tra il 1887 e il 1965) che hanno forgiato la propria carriera senza espatriare negli stati settentrionali per sfuggire al razzismo, alla povertà e all’isolamento: rimasero nelle loro comunità locali della Carolina del Sud, sul delta del fiume Mississippi, nelle aree rurali isolate (Gee’s Bend, Alabama) e nelle zone di confino dei centri urbani (Atlanta, Memphis e Miami).
Questi artisti hanno affrontato l’atroce storia degli afroamericani schiavi, il cui lavoro forzato ha plasmato la cultura economica, sociale e agraria del profondo Sud, oltre a rappresentare le realtà quotidiane della disuguaglianza e dell’oppressione, dell’emarginazione sociale e del conflitto razziale. Hanno tratto ispirazione dalla vita quotidiana, dall’ambiente locale, dagli eventi storici e attuali, dalla religione, dalla musica e dalle loro tradizioni, mostrando diverse e personali forme di resilienza artistica.
LA MOSTRA ALLA ROYAL ACADEMY
I colori scelti per l’allestimento sono pacati, basta la fattura genuina delle opere, prodotte con materiali di riciclo, a illuminare le sale di colori gioiosi, che inducono il visitatore a empatizzare con il senso stesso delle opere, il cui tessuto connettivo è dato da materiali di recupero trovati nella spazzatura, quali vernici per la casa, latte, rottami metallici di ogni genere, pinze spesso arrugginite, vestiti e stracci usati, argilla, giocattoli, scarpe e carcasse di elettrodomestici obsoleti. Questi artisti, che non hanno avuto accesso a gallerie né a musei, sono narratori di difficoltà e oppressione ma anche di gioia, creazione, trionfo. La loro è una storia di trascendenza, a partire dal recupero dei materiali: anche se scartati, gli oggetti trovati, intrisi del loro uso passato, incorporano la storia al loro interno.
Thornton Dial, ex operaio siderurgico, nell’opera del 1995 Testing Chair (Remembering Bessie Harvey) crea un albero genealogico fatto di rami attorcigliati, radici, metallo, stagno ondulato, filo, spray e composto Splash Zone, che esalta le origini tribali. In Stars of Everything (2004) l’artista assembla l’aquila americana creando un autoritratto surreale che sfonda il supporto, fatto di latte, aperte e smaltate, che paiono grandi fiori nel pieno della loro rigogliosa fioritura. E in Tree of Life (In the image of Old Things) del 1994 la composizione di rami variopinti risulta un ornamento floreale che cattura ogni immaginazione, bloccandola nell’abbondanza di bellezza dell’artificio.
Le lussureggianti rose di Ronald Lockett, ritagliate una per una su quadrati di legno dai colori della terra, assemblati con cura in un grande collage (Sara Lockett’s Roses, 1997), esprimono prosperità e amore e la loro energia va ben oltre il supporto.
La grande aquila fatta di legni colorati e appuntiti di Ralph Griffin (Eagle, 1988) richiama l’aquila americana ma sembra vitale e pronta a spiccare il volo con nuova energia verso un’auspicata libertà. La scultura tutta bianca, di due figure aggrovigliate sinuosamente, firmata da Eldren M. Bailey (Dancers, 1960) pare un invito a danzare con leggerezza e grazia. Opere curate diligentemente nei minimi particolari, che con dignità ed eleganza mostrano la pulsione di emancipazione senza oltrepassare i limiti dell’estetica.
GLI ARTISTI IN MOSTRA A LONDRA
Impressionante la scultura Three-Way-Bicycle (1985 circa) di Charlie Lucas, assemblata con tre ruote, parti di automobili e fili elettrici, che mostra con pacatezza il desiderio di riscatto rispettando le convenzioni. La religione e il supplizio traspaiono dalla scultura di Joe Minter, fatta di acute lamine in metallo, che rimanda alla crocifissione di Gesù e alle pene capitali inflitte su larga scala agli schiavi (And He Hung His Head and Died, 1999).
Non poteva mancare la sezione dedicata ai quilt che rendono omaggio alle artiste (Mary Lee Bendolph, Rachel Carey George, Martha Jane Pettway, Loretta Pettway, Flora Moore, Marlene Bennett Jones, Essie Bendolph Pettway), le quali hanno messo la loro creatività silenziosamente al servizio della casa e dell’amore domestico e ancestrale, contrapponendosi all’élite delle donne bianche: quadri su quadri, fatti di cotone monocolore, creano labirinti senza via d’uscita, urlando la resistenza femminile con la Black Folk Art, adeguandosi al movimento femminista Black Feminism che negli Anni Ottanta combatteva il razzismo e l’eurocentrismo, la schiavitù dei lavori forzati, domestici e nelle istituzioni.
Cristina Zappa
Londra // fino al 18 giugno 2023
Souls Grown Deep like the Rivers
ROYAL ACADEMY OF ARTS
6 Burlington Gardens
https://www.royalacademy.org.uk/
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