Un artista alle prese con se stesso. La mostra di Sauro Cardinali a Roma
Ironia, disincanto, malinconia: con questi mezzi l’artista umbro mette in scena la sua opera da Blocco 13, disegnando una mostra che parla del suo approccio alla pittura
È una mostra impegnativa quella che Sauro Cardinali (Spina, 1951), artista umbro di solida esperienza, ha inaugurato da Blocco 13 a Roma, la galleria di cui è cofondatore. Impegna l’occhio, certo, ma costringe anche a misurare le distanze dai lavori per cercarne l’arcano; impegna la mente, che ha bisogno di seguire il processo che li ha generati; impegna il cuore, poiché Cardinali sembra scorticarsi, liberarsi delle pelli accumulate in decenni per cercare un’origine. O forse solo recuperarne una che prenda le mosse dalle sue stesse opere – siano dipinti (la “pitturaccia”, li chiama), scatti, stampe, tracce di autoritratti e paesaggi ‒ per poi rigenerarle in una sorta di tessuto intrecciato, una trama di fettucce cartacee in cui le riduce per donar loro nuova vita, solidificandole con un velo di fissativo.
LA MOSTRA DI SAURO CARDINALI A ROMA
Non basta. Le immagini che discendono dal rigoroso processo sono riportate su grandi carte, squadrettate con meticoloso calcolo e rimaneggiate nella faccia retrostante. In questa versione i monumentali fogli illuminano il cortiletto della galleria, scortati da vasetti di piante dritte e capovolte, tracce di vita e natura in una dimensione sdoppiata.
Da “eremita ornamentale” che nelle dimore aristocratiche del Settecento simulava anacoresi in spelonche adibite ad arte per gli ospiti, Cardinali indaga la sua stessa produzione con disincanto, ironia e malinconia. Guarda al suo lavoro, lo smonta, lo rimonta, ne coglie la vicenda espressiva e lo osserva sorridente: lui e la sua opera forse non sanno più in che mondo si trovano, ma combattono insieme. Sta a noi godere di questa anacronistica e bellissima contesa.
Francesca Bottari
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati