A Napoli la mostra su Ugo Marano, l’uomo con un’idea tra le mani
Far scoprire al grande pubblico una figura che ha fatto dell’utopia, del gesto artigiano e della poesia il suo pane quotidiano è l’obiettivo della mostra al MADRE
La delicata e comunicativamente trasparente mostra che il MADRE di Napoli ha dedicato a Ugo Marano (Capriglia di Pellezzano, 1943 – Cetara, 2011) è un respiro profondo che parla di casa come dimora e spazio mentale, di luogo domestico come armonia tra sé e il proprio esistere e tra chi ospita e chi viene accolto nella dimensione privata.
Ugo Marano si definiva nei suoi scritti teorici “radical concettuale utopico”: la matrice concettuale è evidente nelle sue produzioni (fulminante ed emotivamente comunicativo è ad esempio un Arrugginibile del 1976), ma l’utopismo di cui parla lo proietta in un universo caldo e poetico in cui è l’evocazione a trascinare la mente dello spettatore; come nelle Signore sedie (1979-82), una coralità di miniature in terracotta, “seggioline” vezzeggiate ma piene di regalità, piccoli e umili troni per il sogno di dare un posto a tanta umanità. O come nei tavoli disegnati a linee curve e avvolgenti, in cui il pane e il vino sono pronti a essere condivisi.
POESIA E ARTE DI UGO MARANO
La sedia stessa, reinterpretata in varie forme, dimensioni e materiali, diventa una sineddoche che parla di casa come estensione dell’anima, luogo in cui il pensiero, stabile ma non troppo comodo (ci ricorda l’autore che ama creare sedie, non divani), può raccogliersi e svilupparsi in totale libertà e consapevolezza. Nella propria riflessione sull’abitare, Marano, che si vede come “l’uomo con un’idea tra le mani”, tanto pragmatico da poter piegare il pensiero e rendere la materia puro lirismo, lascia alla fine del secolo che il concettuale si fonda con un’estetica vicina alla Transavanguardia, mediata dalle arti applicate, come ne L’uomo nuovo, mosaico del 1998, o nei vasi in ceramica degli Anni Duemila, in cui figure umane stilizzate sono insieme embrioni e sepolture ataviche come nei versi autografi “Anche la morte / Ch’è vita rivoluzionaria…”.
LA MOSTRA DI MARANO AL MADRE
Oltre alle tante sculture e ceramiche che vivono nelle stanze, numerose sono le poesie presenti nel passaggio da una stanza all’altra, come un controcanto sinestetico a ogni scultura: accanto agli ottimi testi didascalici, i versi di Ugo Marano vengono riportati nell’allestimento del percorso espositivo con perizia filologica, e lasciano emergere la personalità multiforme e coerente di un artista artigiano, poeta e bibliofilo, in un susseguirsi di parole che completano la contemplazione. Il senso dell’utopia diventa così più esplicito, sereno e anche rassicurante, letto oggi a posteriori: l’arte può dare forma agli ambienti umani come la poesia può darla alle menti, in un’espansione di serenità di abitare e quindi di esistere.
Valeria Carnevali
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