Barocco e pittura contemporanea. La mostra di Agostino Arrivabene a Treviglio

Nel contenitore barocco di Palazzo Bacchetta, l’artista lombardo mette in scena gli esiti di una pittura materica. Che risulta ispirata alla poesia inglese e dantesca

Palazzo Bacchetta a Treviglio si sviluppa intorno a un cortile al cui centro è collocato un antico pozzo in pietra, ma gli elementi più caratterizzanti sono gli affreschi dei Fratelli Galliari, proprietari dell’immobile fino al XVIII secolo. Dal 2017 il designer Daniele Daminelli occupa una parte degli ambienti del palazzo con il suo Studio 2046, concepito come una Wunderkammer. Qui un lungo corridoio fa da filo conduttore tra spazi comunicanti affacciandosi contemporaneamente sulla corte interna attraverso grandi vetrate. Sin dall’inizio, nel lavoro di Studio 2046 si intravedono due trame. Una è dettata dall’ossessione di Daminelli per il film di Wong Kar-wai 2046: ossessione che lo spinge a trasformare le quattro cifre scelte dal regista di Hong Kong come il numero di una camera d’albergo nel nome del suo studio. La seconda è un’attenzione del tutto singolare per il Barocco europeo.

Agostino Arrivabene, Sub dolo, 2015. Installation view at Studio 2048, Palazzo Bacchetta, Treviglio, 2023

Agostino Arrivabene, Sub-dolo, 2015. Installation view at Studio 2048, Palazzo Bacchetta, Treviglio, 2023

LA MOSTRA DI AGOSTINO ARRIVABENE A TREVIGLIO

Con la mostra Oro del vespro, Daminelli ospita alcune opere di Agostino Arrivabene (Rivolta d’Adda, 1967) in una fusione di codici espressivi che danno forma a una rêverie dove pittura, spazio abitativo e design si sublimano in un’unica visione. Ad accogliere il visitatore nel lungo corridoio dove le vetrate sono oscurate con un filtro viola cardinale c’è Sub-dolo (2015). Si tratta di un capriccio dove Arrivabene ha fuso due figure caprine, una nera di provenienza siciliana, l’altra bianca proveniente dalla Valle d’Aosta, in una tassidermia dotata di otto occhi, secondo la più classica delle iconografie medioevali di Belzebù. Bianco e nero, bene e male, nord e sud, maschile e femminile, la coincidentia oppositorum: esattamente come accade nell’“oro del vespro”, l’ora del crepuscolo in cui il giorno lascia il passo alla notte. L’opera successiva è un olio su lino del 2015 che raffigura un ermafrodito ipospadico adagiato sul fianco in una luce crepuscolare. Arrivabene ha qui dipinto Percy Shelley, che appare non come il giovane poeta romantico, ma come un rizoma, che genera sulla sua pelle un giardino di spighe d’acanto, svettanti come i pinnacoli di una cattedrale gotica. Il titolo dell’opera, tuttavia, Il rizoma di Augustus Welby Northmore Pugin, fa riferimento all’architetto vittoriano fondatore del movimento neogotico. Il rapporto tra la figura ritratta (Shelley) e Pugin è un gioco di rimandi che sottolinea la predilezione di Arrivabene per il neogotico, ritenuto diretta conseguenza del movimento romantico: proprio al neogotico Arrivabene fa risalire parte della sua ispirazione.

Damiano Daminelli, particolari di intarsio, installation view at Studio 2046, Palazzo Bacchetta, Treviglio, 2023

Damiano Daminelli, particolari di intarsio, installation view at Studio 2046, Palazzo Bacchetta, Treviglio, 2023

ARRIVABENE NEGLI SPAZI DELLO STUDIO 2046

La visione di queste opere ha ispirato a Daminelli alcuni pezzi d’arredo. Al centro della sala successiva troneggia infatti un imponente tavolo circolare dove il mondo floreale di Arrivabene sembra essersi adagiato su straordinari decori a intarsio e laccature eseguite secondo tecniche rinascimentali. Nell’ultima stanza il viola cardinalizio dei divani in seta offre una sosta perfetta per contemplare il vero protagonista di Oro del vespro: un grande telero di tre metri per due, dipinto a olio con quattro colori. Erotomachia infera fa parte di un corpus di opere a cui Arrivabene sta lavorando da diversi anni. L’obiettivo è quello di portare a compimento l’ambizioso progetto di illustrare La Divina Commedia dell’Alighieri. La grande tela di Arrivabene si rivela una nube densa di corpi fluttuanti dove pullulano incastri di teste, gambe e braccia sofferenti: il tutto illuminato da una luce plumbea, come del resto Dante descrive nel suo V Canto dell’Inferno questo girone di lussuriosi. Solo in alto e sulla destra il cielo del telero si squarcia liberando uno spazio denso come un tizzone spento. In quel vuoto fluttuano i due più celebri fra gli amanti danteschi: Paolo e Francesca, avvolti dalla luce opalina che Dio riserva – solo a loro nell’infuriare della dannazione – come strumento di salvezza.

Aldo Premoli

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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