Il sogno lucido di Ambra Castagnetti in mostra a Milano

Guardando le opere della giovane artista ligure si sogna il mito di un corpo tecnologico che si ibrida con ciò che trova intorno. Per poi tornare a una dimensione arcadica

Che senso ha tornare a discorrere attorno alle tematiche del postumanesimo, in uno spaccato d’epoca in cui si parla di sviluppo sostenibile? La Zona è il titolo della prima personale di Ambra Castagnetti (Genova, 1993) ospitata dalla Galleria Francesca Minini: l’artista dà concretezza alle visioni di un sogno lucido richiamando l’atmosfera evocativa del film Stalker di Tarkovskij in un’estetica transhuman declinata al giorno d’oggi. 
Laddove dovremmo ridurre l’utilizzo delle risorse per indirizzarci verso una “decrescita felice”, Castagnetti presenta brandelli di corpi innestati: arti ibridati con l’alluminio, spine dorsali potenziate dal rame, torsi fasciati da vinile e resina stillante. 

La mostra di Ambra Castagnetti a Milano

Nello spazio neutro della Galleria Francesca Minini, l’artista allestisce il suo sogno – evocato dalla testa dormiente in cera d’api che introduce il percorso espositivo (Hypnagoth, 2023) – che non prende le pieghe di un incubo, ma di un quieto e ramingo errare intorno alle innumerevoli potenzialità del corpo di metamorfizzarsi con ciò che naturalmente lo avviluppa. 
Il paesaggio integrato nelle installazioni – sotto forma di muschio e legno – diviene epitelio infiorescente che apre intimi squarci rivolti all’interno, ma anche profonda evasione olfattiva, capace di creare un cortocircuito con lo scenario vertiginoso di una città nipponica che si apre e sprofonda nel pavimento della galleria (Wall city, 2023).
Busti ricalcati sul fisico di persone prossime all’artista sono scolpiti nel sale in pose classiche (Salina, 2023), eretti su tronchi di alberi (Brutal Viktoria, 2023). Piccole teste di cavalli in alluminio riposano sospese in un’escalation di innocenza e purezza (Ponycore series, 2023), lasciando il contrappasso a sculture come Scorpia (2023) e alla cruda Hungover (2023). 
Attraverso le opere di Castagnetti si sogna il mito di un corpo tecnologico che si meticcia e si trasforma dando luogo a una dimensione arcadica; si oscilla in un’ineluttabile dualità in cui il corpo sa vivere della fluida grazia che deriva dal binarismo tra scenario interno e scenario esterno, dove trovare l’identità non è possibile se non in un orizzonte panico.

Martina Lolli

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Martina Lolli

Martina Lolli

Curatrice e giornalista freelance nei settori di arte e musica. Dopo aver frequentato “La Sapienza” e l’Accademia di Brera (comunicazione e didattica per l'arte contemporanea) conclude la formazione con il corso per curatori CAMPO 14 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.…

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