L’architettura interiore si scopre tra le calli di Venezia durante la Biennale
Il racconto di uno spazio intimo e spirituale che è sempre con noi, in cui l’immaginazione si materializza attraverso le tracce visibili dell’invisibile, attraverso l’arte di Emilio Fantin e Marzio Zorio
In mostra alla Beatrice Burati Anderson Art Space & Gallery, An unexpected space of freedom è un meraviglioso spazio di riflessione intima e spirituale che accompagna la XVIII Biennale Architettura di Venezia, nascosto tra le calli della Laguna. Riflettendo sullo spazio interiore, sull’immaginazione, un’architettura immateriale e sfuggente, l’esposizione, curata da Carla Subrizi, ospita le installazioni e performance di Emilio Fantin (Bassano del Grappa, 1954) e Marzio Zorio (Moncalieri, 1985).
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La mostra di Emilio Fantin e Marzio Zorio a Venezia
“La mostra costituisce una riflessione importante su un tema nevralgico della contemporaneità: l’architettura interiore, lo spazio della relazione tra individui, la geografia riconfigurata a partire dalla memoria, gli affetti, gli spazi liminari o assenti”, spiega la curatrice e docente di arte contemporanea Carla Subrizi. Due artisti diversi, eppure non distanti, Emilio Fantin e Marzio Zorio: Fantin propone un’esperienza suggestiva, quasi sacrale, nell’atmosfera raccolta dello spazio unico della galleria aperto nel 2021 con una performance di Gianfranco Baruchello, mentre Zorio riflette sulla comunicazione, sulla distanza e sullo scambio con due lavori site specific realizzati per la mostra.
Fisicità e immaterialità nelle installazioni di Marzio Zorio
Necessaria una premessa: lo spazio della galleria, unico e suggestivo, si suddivide in due zone separate dal canale, la cui acqua ha una funzione ambivalente, che al tempo stesso allontana e collega i due ambienti. Sfruttando questa caratteristica, Marzio Zorio crea Senza Titolo (Coppia di Aste): un ponte invisibile, composto da suono e luce. Si tratta di una modalità di comunicazione, un’architettura impercettibile costruita con una tecnologia essenziale, quasi archeologica. Tramite due asticelle di legno, poste verticalmente su ogni lato del canale, i visitatori possono creare dei suoni che si ripetono da un punto all’altro. Il legame che si crea è intimo, giocoso e spirituale, rivolto all’ascolto e alla ricezione dell’alterità. Torna l’immateriale in Senza Titolo (Bussole), con cui Zorio propone una riflessione sulla sensibilità verso l’esterno, che si ripercuote nell’interno: si tratta di bussole alterate, il cui ago si muove non seguendo il nord, bensì in relazione al suono e alle vibrazioni prodotti dai visitatori in sala.
Emilio Fantin e la sua performance
Nel secondo spazio della galleria, al di là del canale, si trova ciò che rimane della performance inaugurale realizzata da Emilio Fantin. Entrando nello spazio, l’attenzione viene catturata da sei sedie in metallo, alte circa due metri, quasi dei troni dalle sembianze industriali. Della sabbia sul pavimento, reminiscenza della prima performance del 2021, tiene traccia del passaggio dei visitatori. L’installazione e performance Improvvisazione interiore 2 è stata realizzata da sei persone, che, arrampicate sulle sei alte sedie, hanno condiviso le loro narrazioni intime e personali, tra il sonno e la veglia: immagini interiori che vengono impresse su nastro, e che continuano a essere riprodotte oggi nella sala. Quel dialogo composto, quello scambio prezioso, si ripete con le sedie vuote durante tutto il periodo dell’esposizione, inondando lo spazio di un’energia sacra, quasi liturgica, e manifestando la presenza di ciò che è stato attraverso la sua assenza.
An unexpected space of freedom è un’esperienza intensa, il racconto di uno spazio interiore che è sempre con noi, ed è il nostro spazio di libertà. Una mostra suggestiva e intima, nascosta tra le calli veneziane, in cui l’immaginazione si materializza attraverso le tracce visibili dell’invisibile.
Laura Cocciolillo
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