Riparte dopo anni la Biennale di Gubbio: solo artisti giovani e italiani

È la seconda biennale più antica d’Italia, dopo Venezia, e nel 2023 ritorna dopo anni d’interruzione. Sarà dedicata al potere dell’immaginazione. Qualche anticipazione su come sarà

Originariamente legata alla promozione dell’arte ceramica e del ferro battuto (come Mostra Mercato Nazionale della Ceramica e Leghe Metalliche), la Biennale di Gubbio ha una storia longeva, ed è cresciuta grazie all’interessamento di grandi nomi della critica d’arte. Negli Anni Settanta si concretizzerà la svolta verso l’arte contemporanea (con particolare interesse per la scultura), come rassegna partecipata dai principali artisti italiani e internazionali. Più tormentate sono le vicende degli ultimi vent’anni, tra sospensioni più o meno prolungate e tentativi di ripresa. Il 2023 segna il tentativo di una nuova fase di rinascita, sotto le cure di Spazio Taverna, coinvolgendo, per scelta precisa, solo artisti italiani under 35. Ne parliamo con Ludovico Pratesi e Marco Bassan.

Biennale di Gubbio. Intervista a Ludovico Pratesi e Marco Bassan

Nel 2023, in ottobre, dopo anni, ritorna la Biennale di Gubbio. Approfittiamone per ripercorrere la storia di questa rassegna. Cosa è stata, cosa ha rappresentato, quali alti e bassi ha avuto. Come mai si era spenta.
LP: La Biennale di Gubbio nasce nel 1956 come rassegna d’arte legata alla ceramica e al ferro battuto, ed è quindi la seconda biennale più antica d’Italia, dopo la Biennale di Venezia. Nel tempo si è trasformata in una rassegna di scultura, che ha visto la partecipazione, nelle diverse edizioni curate da critici di rango come Enrico Crispolti, Giorgio Bonomi, Bruno Corà, Achille Bonito Oliva e Giulio Carlo Argan, di artisti del calibro di Sol Lewitt, Enrico Castellani, Eliseo Mattiacci, Mirella Bentivoglio, Nedda Guidi, Leoncillo Leonardi, Richard Deacon, Nunzio e tanti altri. Negli anni è stata un’occasione per fare il punto sull’evoluzione della scultura, che ha lasciato molte testimonianze nella città, come l’Ovo, eseguito da Bentivoglio nel 1976 e ricollocato nel 2022. Nel 2016 si è tenuta la ventiseiesima edizione, promossa dal Comune di Gubbio, che ha cercato nuovi modelli per farla rinascere.

Da dove vi è venuta l’idea, come Spazio Taverna, di rilanciare questa rassegna piuttosto che concepirne una nuova?
MB: Il principio curatoriale che ha guidato tutta la costruzione di questa manifestazione è stata la riattivazione del Genius Loci della città: l’utilizzo dell’anima medievale e di quella rinascimentale, il coinvolgimento della popolazione e dell’artigianato locale e l’attivazione delle grandi esperienze culturali che hanno caratterizzato Gubbio negli ultimi anni. Per questo motivo non potevamo che recuperare la tradizione della Biennale, che negli anni è stato un forte tratto identitario per gli Eugubini.

Come è nato il progetto? L’amministrazione eugubina vi ha chiamati? Avete avanzato voi una proposta?
L’anno scorso siamo stati invitati dall’Assessore alla Cultura Giovanna Uccellani a presentare un progetto, che il Sindaco e la Giunta hanno approvato. E così ci siamo messi subito al lavoro.

L'Ovo di Mirella Bentivoglio
L’Ovo di Mirella Bentivoglio

Come sarà la Biennale di Gubbio di Spazio Taverna

Avete intitolato questa nuova edizione della Biennale di Gubbio Imagina, perché?
MB: Viviamo in un’epoca di potenza straordinaria in cui le enormi capacità trasformative dell’essere umano rischiano di sovvertire gli equilibri che regolano la nostra sopravvivenza.
Quello che ci manca per non essere sopraffatti non è un’omologazione sempre maggiore ai processi e agli standard internazionali, ma la capacità di poter immaginare nuovamente una visione che sia personale e identitaria, il coraggio di costruire un presente che sia figlio del futuro e non viceversa.
Il compito degli artisti, come sempre nella storia, è quello di controbilanciare attraverso l’immaginazione quello che sembra essere il destino inevitabile dell’umanità in quella determinata epoca, di riattivare la capacità primordiale dell’essere umano di creare immagini in grado di attrarre a sé un futuro.
Una bellissima pubblicazione del 1986 di Franco Maria Ricci dal titolo Imago Urbis, ricostruiva come l’immaginazione ha permesso all’Italia dei Comuni di passare dalla città reale medievale alle città ideali rinascimentali e viceversa. La mostra Imagina si ispira a questi due mondi, per dare nuove chiavi di lettura alla complessità moderna.

Gli artisti invitati sono quasi 40 e hanno un’età media piuttosto bassa. Un caso o una precisa scelta-messaggio? Volete diventare una Biennale che punta sull’arte giovane?
LP: Le ultime biennali di Venezia hanno visto una partecipazione di artisti italiani bassa, con pochissime presenze di emergenti. Purtroppo la situazione non è stata molto diversa nei musei di arte contemporanea, che hanno privilegiato artisti stranieri rispetto ai nostri talenti emergenti, che fanno molta fatica a esporre in sedi istituzionali. In questa occasione abbiamo pensato di dedicare la manifestazione solo ad artisti italiani under 35, chiamati a reinterpretare il Genius Loci di una delle più belle città medievali italiane.

Palazzo Ducale, Gubbio
Palazzo Ducale, Gubbio

I luoghi, gli artisti, le opere

Avete selezionato opere esistenti o avete chiesto agli artisti lo sforzo di realizzare opere ad hoc per la mostra? O un mix tra le due scelte?
MB: Il cuore della mostra si svilupperà in sette sezioni, diffuse tra Palazzo dei Consoli e Palazzo Ducale. Ogni sezione ha le sue peculiarità con limiti e vantaggi per gli artisti. Alcuni dovranno collaborare con il territorio per realizzare opere inedite in contaminazione con le intelligenze locali, mentre altri saranno vincolati dal medium, altri ancora invece liberi di scegliere tra opere già realizzate e nuove produzioni saranno obbligati a confrontarsi con una tematica particolare. L’idea della mostra non è solo di fare una fotografia della miglior scena artistica emergente italiana, ma anche quella di sperimentare forme di contaminazione e sfidare gli artisti a presentare opere che siano in grado di dialogare con le varie anime della città, restituendo all’arte un senso di urgenza, necessità e aderenza in cui la popolazione possa riconoscersi.

Gubbio sarà semplicemente un gradevole palcoscenico o lavorerete per costruire una relazione profonda tra mostra, artisti e città?
LP: Stiamo lavorando per creare una forte connessione con la città e i suoi abitanti, tanto che in alcuni casi gli artisti produrranno opere insieme ai titolari delle università dei mestieri, ancora attive in città. Inoltre ci sarà un programma di eventi e mostre “fuori Biennale”, che coinvolgerà l’intero tessuto cittadino, su diversi livelli. Sarà l’occasione per conoscere meglio la storia di Gubbio, complessa e ricca di storie interessanti da far rivivere, come Santa Cristina, il laboratorio teatrale di Luca Ronconi, uno dei massimi registi italiani di teatro.

Mostre del genere in luoghi ameni come le stupende città dell’Italia interna sono solitamente organizzate d’estate. Come mai avete optato per una inaugurazione nell’affollatissimo mese di ottobre? C’è un tema di destagionalizzazione dei flussi turistici?
MB: Gubbio è una città che ha una sua vitalità durante tutto l’anno: dalla festa dei Ceri a maggio al Festival del Medioevo che si tiene in settembre. Questa mostra è concepita come un modello culturale replicabile che desidera mostrare ai cittadini delle città storiche italiane come sia possibile immaginarsi nuovamente contemporanee. Per questa ragione l’inaugurazione non segue logiche legate a una stagionalità turistica ma alle esigenze di una tradizione recente, visto che l’ultima edizione della Biennale era stata inaugurata a metà ottobre.

Che caratteristiche distintive avrà la mostra rispetto ad altre mostre diffuse simili che spesso costituiscono l’offerta nell’Italia delle cittadine e dei borghi?
LP: Ci farebbe piacere che Imagina potesse costituire un modello di collaborazione tra amministrazioni, privati e cultura del territorio, sempre all’insegna della massima qualità espositiva. L’Italia Centrale è un territorio splendido, che non ha ancora esplorato le sue potenzialità nel contemporaneo. Una mostra che nasce dal territorio, costruita per collegare in un unico progetto passato, presente e futuro, per sottolineare il potere trasformativo e visionario dell’arte, che nei secoli ha reso l’Italia una nazione unica. Dobbiamo proseguire sulla stessa strada di Federico da Montefeltro, signore di Gubbio, che metteva l’arte al primo posto nella società illuminata del Quattrocento.

Massimiliano Tonelli

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Massimiliano Tonelli

Massimiliano Tonelli

È laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena. Dal 1999 al 2011 è stato direttore della piattaforma editoriale cartacea e web Exibart. Direttore editoriale del Gambero Rosso dal 2012 al 2021. Ha moderato e preso parte come relatore a…

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