Il nuovo borgo-museo della Fondazione Morra a Caggiano
Un borgo della provincia campana, nel Parco del Cilento, diventa museo diffuso riattivato dall’arte contemporanea. Un processo di rigenerazione che inizia con le opere brutalmente raffinate di Vettor Pisani
In epoca medievale, nei grandi feudi dell’Italia centrale e meridionale, all’interno o nei pressi della cerchia muraria difensiva, tra il castello del Signore e la chiesa, alcuni contadini riuscirono a crearsi un capitale, grazie a fortunose eccedenze di produzione o alle nuove coltivazioni dei legumi, e a costruire le proprie abitazioni dando luogo di fatto a un nuovo assetto urbanistico, quello del “borgo”. I borghi cambiarono la fisionomia del territorio, prima parcellizzato tra città e campagna con le dimore dei feudatari e le case coloniche sparse nei pressi dei latifondi da coltivare. In posizione strategica, accanto a rocche e castelli, i borghi nascevano con loro la borghesia, la “gente nova” affrancatasi dal lavoro fisico nei campi, che si dedicò al commercio, alle arti, alla cultura e alle professioni, ponendo le basi della moderna società europea. Dopo la Seconda guerra mondiale un’altra rivoluzione, tra gli Anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso, ha interessato il nostro Paese: quella dell’urbanizzazione, con il trasferimento e l’accentramento della popolazione dai piccoli centri alle grandi città industriali. I borghi perdevano così definitivamente la loro funzione propulsiva in campo economico e culturale, destinati agli ozi o alle peregrinazioni di lenti turisti o all’abbandono e alla desertificazione.
La riscoperta culturale dei borghi in Italia
Recentemente registriamo però una nuova tendenza, quella del recupero dei borghi, anche di quelli apparentemente più sperduti, rinvigoriti dapprima dai cosiddetti alberghi diffusi e poi con la diffusione in Italia delle attività di “residenze artistiche”. Da pochi giorni anche nella Campania meridionale, ai confini con la Lucania, uno dei più grandi intellettuali e promotori della contemporaneità nelle arti, Beppe Morra, ha deciso di riattivare il borgo di Caggiano (siamo in provincia di Salerno, nel paese che peraltro ha dato i natali ad Achille Bonito Oliva), trasferendovi parte della sua collezione e avviando un progetto da un lato innovativo, dall’altro necessario e francamente atteso.
La Fondazione Morra, con sede Napoli, non è nuova alla realizzazione di progetti, anche ambiziosi, volti allo sviluppo e alla rivitalizzazione di contesti ambientali, cittadini e territoriali, attraverso l’uso civico dell’arte contemporanea.
E il 30 giugno scorso ha inaugurato al centro del borgo di Caggiano, nello storico Palazzo Morone, connotato da segni architettonici che ricordano la dominazione angioina, una mostra con numerose opere di Vettor Pisani (Bari, 1934 – Roma, 2011), dall’archivio della stessa Fondazione, tra sculture, oggetti e installazioni da cui emergono le caratteristiche e il modus operandi dell’artista precocemente scomparso.
La Fondazione Morra a Caggiano con le opere di Vettor Pisani
Le opere sapientemente dislocate nelle sale che sollecitano memorie di antica semplicità e di profondo rigore, non seducono né innamorano immediatamente, ma attraggono l’occhio investigatore del fruitore e attivano mille domande, la maggior parte destinate a restare senza risposta. Proprio questi molteplici stimoli, tale compulsione critica e ritmica di interrogativi, genera lo scacco estetico che innesca l’intuizione emotiva; tanto che, ritornando ad accarezzare con gli occhi quelle opere, se ne ha una affascinante lettura e se ne accusa una sensuale prossimità emotiva. Vettor Pisani è uno di quegli artisti che si rivolge alla percezione raffinata e intelligente del fruitore, a quel terzo occhio che secondo Merleau-Ponty permette e favorisce la visione estetica. La distanza dalle consuete categorie estetiche, pongono Pisani a un livello cui solo grandissimi artisti del secolo scorso sono pervenuti, tra coloro che sono stati in grado di liberarsi da forme, canoni, supporti, superfici, gesti, imitazioni o mimetismi e produrre basi iconiche, fondamenti materici per alte ed esclusive sensazioni estetiche. Ecco che il palazzo di Caggiano diventa labirinto dal senso incompiuto ma emozionante, luogo magico in cui il fruitore attento e sensibile lascia una parte della propria esperienza corporea e spirituale.
I progetti della Fondazione Morra a Caggiano
Il progetto Caggiano della Fondazione Morra non si conclude con questa mostra permanente. Altri palazzi, alcuni già individuati, a breve si apriranno a nuova vita. Da gennaio 2024, un altro palazzo ospiterà l’archivio del Living Theatre, il famoso collettivo americano. La Fondazione inoltre si è impegnata nella ristrutturazione di Palazzo Abbamonte, prestigiosa costruzione nel centro più antico del borgo: qui è prevista la realizzazione di una scuola estiva collegata alle capacità espressive del territorio mediante nuove forme di sperimentazione documentale. Si parla inoltre di dedicare uno spazio, ancora da individuare, a centro espositivo e sperimentale di arte digitale.
Forse la borghesia intellettuale sta trovando nuove forme di antropizzazione del territorio, a ripartire dai borghi. O più semplicemente si asseconda l’umana pulsione al bello.
Ne abbiamo parlato con Isabella Morra, figlia di Beppe, che ne segue proattivamente i progetti e le aspirazioni.
Intervista a Isabella Morra
Cosa significa per Beppe Morra spostarsi nel piccolo e isolato borgo di Caggiano?
Sicuramente possibilità, evoluzione, superamento. Tutti presupposti che permettono all’uomo di andare oltre, di avere una visione altra, dell’arte e della vita stessa.
D’altronde, già all’inizio del suo lavoro, contemporaneamente allo Studio Morra, aprì in via Carlo Poerio “Spazio libero per”, deputato a ospitare artisti che andassero in una direzione diversa da quella della galleria. Il progetto Caggiano – Fondazione Morra nasce come una sorta di fil rouge che non si discosta ma che, anzi, rispecchia perfettamente questa sua linea di pensiero. L’ennesima possibilità di realizzare un élan vital (Henri Bergson, L’evoluzione creatrice, 1907), cioè la connaturata esigenza di creazione dell’uomo, che in questa nuova sfida aspira a ricucire il rapporto uomo-natura (o meglio, uomo-natura-arte). Questo è un luogo in cui fermarsi per presentare attenzione, farsi da parte per riflettere e dove cercare di riappropriarsi di una nuova dimensione spazio-tempo che le grandi città sembrano non essere più in grado di soddisfare.
Da qui l’idea di sviluppare ulteriormente il concetto di “museo diffuso”, che mira alla rigenerazione culturale e alla rivitalizzazione urbana attraverso l’arte e la conoscenza.
L’arte contemporanea può trovare miglior set nelle grandi capitali, nelle città metropolitane o nei piccoli borghi?
L’arte è. Esistono tutt’al più spazi in cui la sua leggibilità è più immediata e diretta che in altri. È l’uomo a identificarsi con lo spazio di esistenza, l’opera dovrebbe poter vivere e immergersi completamente nella realtà-verità senza limiti. Ed è questo il risultato più arduo che Beppe Morra è riuscito a raggiungere inserendo in un contesto altro l’immensa opera di Vettor Pisani: lo spazio e l’ambiente circostante appaiono come un tutt’uno con le opere presenti al suo interno.
In un mondo in cui l’arte viene sempre più assoggettata a meccanismi di marketing e di osannata visibilità, la scelta di protendersi verso un piccolo borgo come Caggiano, cittadina al centro del Vallo di Diano – Parco del Cilento, non è un caso ma ci ricorda dell’importanza oggi di poter ritornare a dedicarsi alla vera essenza delle cose, all’essenzialità.
Quando tutto finisce, un’inaugurazione, una mostra, una presentazione, cos’è che resta? L’arte, l’esperienza, il vissuto.
Cosa ha determinato la scelta di Vettor Pisani per inaugurare il centro espositivo di Caggiano?
Da tempo si avvertiva l’esigenza di trovare una collocazione in cui l’opera di Vettor Pisani, così sofisticata, brutalmente raffinata, ironica e al contempo disperata, potesse esistere nella sua totalità e immensità. In Pisani, tutto nasce e risiede nell’opera stessa (che lui considerava omnia), nel modo in cui essa si relaziona all’esterno, con le altre entità che la circondano, con il contesto urbano e nel tessuto sociale nella quale si integra e si fonde. D’altra parte, egli stesso aveva ideato e poi realizzato il Virginia art theatrum (Museo della Catastrofe) per la cava di Serre di Rapolano, nei pressi di Siena, un luogo magico e struggente, in cui raccogliere la sua intera opera. Pertanto, la possibilità di poter portare a compimento la sua volontà è stato sicuramente il fattore determinante della scelta di questo grande artista visionario per l’apertura dei nuovi spazi a Caggiano.
Giuseppe Simone Modeo
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