Giulio Paolini e il suo monologo al telefono per i podcast di Artribune
“L’essere artista presuppone una sorta di autoresponsabilità, di necessità, di chiarezza oltre che con se stessi anche con gli altri”. Giulio Paolini racconta in questo monologo i fondamenti della sua ricerca artistica
Al telefono con Giulio Paolini (Genova, 1940) per parlare del suo lavoro, a pochi mesi dal prestigioso riconoscimento ricevuto per la categoria pittura in occasione della XXXIII edizione del Praemium Imperiale. Attualmente in mostra a Roma presso Palazzo Carpegna, sede dell’Accademia di San Luca, l’artista con A come Accademia mette a punto una visione estremamente lucida, basata su presupposti teorici, che da un lato mantiene un legame vigile tra passato, presente e futuro e dall’altro si abbandona al concetto di regola, considerata come principio di base del suo lavoro. “Non posso concepire di lasciare un segno senza tener conto di un senso della misura, di una compostezza, di una trasparenza…”, scrive nel suo testo in catalogo.
Ascolta “Giulio Paolini – Monologhi al Telefono di Donatella Giordano” su Spreaker.
IL MONOLOGO DI GIULIO PAOLINI
Nel suo monologo l’artista affronta il dilemma della “regola”, da lui considerata non come una rigida imposizione inquadrata all’interno di un sistema accademico antimodernista, ma come un enunciato non detto, che crea un rapporto di relazione e tensione utile a produrre un valore di conoscenza e di comprensione. L’intervista fornisce, inoltre, un’originale visione sul tempo e sulla vita “materiale”: “Gli accidenti della vita quotidiana sono materia da dimenticare, sempre che ci si riesca, mentre le altitudini e le visioni fuori dal tempo che si possono godere a teatro o in un museo sono la normalità”. Sul progresso tecnologico e riguardo alle ricerche legate all’intelligenza artificiale l’artista indica una strada predestinata: “bisognerà accettare, e se possibile condividere, cose che noi non avremmo né voluto né desiderato ma che ci sopraffaranno per legittimo corso della storia”. In chiusura l’artista avvia una riflessione sul suo mestiere da artista, che lui stesso considera al pari di una fede religiosa: “Quando mi trovai a fare quel che faccio ormai da più di cinquant’anni, anni cioè il mio mestiere, il momento originale non fu una questione che mi indusse a fare quel che ho fatto ma è come se avessi preso i voti”.
Donatella Giordano
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