Una giornata con Dominique White, vincitrice del Max Mara Art Prize for Women
Siamo stati con lei alla Fonderia Battaglia, a Milano, una delle cinque tappe della residenza organizzata dalla Collezione Maramotti in giro per l'Italia dopo la sua vittoria. Tra visite di archivi, studi tecnici e approfondimenti per la sua nuova serie afro-marina
“Non ho mai lavorato con il bronzo. Cosa accade se ci verso sopra della benzina e gli dò fuoco?” Non ha paura di sperimentare né di far sentire la propria voce Dominique White (Regno Unito, 1993), artista vincitrice della nona edizione del Max Mara Art Prize for Women per il biennio 2022-2024. Incontriamo White a Milano, alla Fonderia Battaglia, mentre si trova a metà della residenza di sei mesi in Italia organizzata per lei, in quanto vincitrice dell’ambito premio, dalla Collezione Maramotti. L’iniziativa – a cui collaborano da quasi 20 anni Max Mara, Maramotti e la Whitechapel Gallery di Londra, dove sarà esposta l’opera finale prima di essere acquisita dalla Collezione di Reggio Emilia – è concepita per sostenere quelle artiste che si identificano come donne (che siano cisgender, transgender o non binary) e che si trovano in una fase di sviluppo della propria carriera senza avere importanti mostre antologiche alle spalle.
La residenza di Dominique White in Italia per la vittoria del Max Mara Art Prize for Women
“Lavoro solo con professionisti “folli”: sono quelli a cui posso fare questo genere di domande assurde che mi permettono di conoscere bene il materiale che includerò nelle opere”, racconta White alla Fonderia Artistica – da qualche tempo in via Oslavia 17, dopo lo sfratto dalla storica sede di via Stilicone per fare spazio a nuovi appartamenti –, una delle cinque tappe di studio e ricerca previste dalla residenza semestrale (e documentate da Maramotti). Prima di Milano, dove l’artista resterà solo una settimana, è stata la volta di Agnone e Palermo, da maggio a giugno, e di Genova, tra giugno e luglio, mentre da agosto a ottobre l’artista sarà a Todi per realizzare la scultura. Ogni tappa – che le ha permesso di approfondire i propri studi sia tecnici sia teorici – ha contribuito e contribuirà al nuovo gruppo di opere Deadweight (tra tradursi sia con “peso morto” sia con “tonnellaggio di portata lorda”, termine dell’industria marittima usato per calcolare quanto peso una nave possa sopportare prima di affondare). Questo è l’ultimo approdo dello studio di White nella creazione di nuovi mondi afro-marini che esprimano le potenzialità dell’identità nera – la Blackness – in un’ottica rigenerante che si accosta alla metafora del mare. La sua pratica sfrutta materiali misti e intreccia le teorie della Black Subjectivity, dell’afro-pessimismo e dell’idrarchia (cioè l’ordine sociale della vita in mare) portandola a creare immaginifiche sculture di mondi marini all’apparenza fragili ma molto fisiche grazie all’incorporazione di corde, vele e ancore riprodotte in materiali grezzi. Questi “fari”, creati da White, rimandano alla Diaspora Nera e profetizzano l’emergere di “un futuro Nero che, pur non essendosi ancora materializzato, deve arrivare”.
La nuova scultura bronzea di Dominique White
La nuova scultura di White incorporerà la fusione a bronzo – una prima volta per l’artista nera, che lavora tra Francia e Regno Unito – nella creazione di un’opera navale che verrà (almeno parzialmente) immersa in mare nel 2024 in vista della mostra finale da tenersi a Londra e a Reggio Emilia. Per accumulare conoscenze volte alla realizzazione dell’opera, con la cui proposta si è aggiudicata il premio lo scorso marzo, White ha studiato in questi mesi alla Pontificia Fonderia di Campane Marinelli di Agnone (una delle più antiche fonderie di campane del mondo); ha intavolato un dialogo sul commercio mediterraneo degli schiavi con la professoressa di Storia Moderna Giovanna Fiume a Palermo; ha realizzato visite nei musei navali e negli archivi di Genova con i professori Claudia Tacchella e Massimo Corradi, specializzati nella Scienza delle Costruzioni; e quindi si è avvicinata alla tecnica della fusione cera persa e all’area navale del Museo della Scienza Leonardo da Vinci a Milano. “Ho riempito due taccuini interi di schizzi e spunti che vanno dalla terminologia nautica esatta alla concezione della nave come ‘essere vivente’, senza contare tutti i riferimenti testuali che ho annotato per la fase finale di creazione. Non vedo l’ora di arrivare in Umbria per visualizzare tutto e mettermi al lavoro”, racconta l’artista. Concludendo la residenza in Umbria, White dedicherà gli ultimi due mesi di lavoro ad affinare la sua pratica di lavorazione del metallo, visitando fonderie locali e stabilimenti metallurgici con l’artista Michele Ciribifera (assistente per 30 anni della scultrice Beverly Pepper).
“Ho sempre lavorato con il ferro e visto il bronzo come un materiale più decorativo, un po’ come ‘quello delle statue’. Ora sono vagamente in soggezione, ma il non avere conoscenze pregresse in materia mi permette di fare domande aperte e accedere a ogni possibilità: è molto emozionante”, racconta White, che negli ultimi anni ha partecipato a collettive in tutta Europa e vinto tra gli altri il Foundwork Artist Prize 2022. “Fa impressione pensare che ciò che creerò con il bronzo mi sopravviverà”, racconta, e fa pensare subito alle statue colonialiste e razziste abbattute nel Regno Unito e negli Stati Uniti, dal cui metallo, dice, “si potrà sempre creare qualcosa di nuovo”.
Giulia Giaume
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