Installazioni, performance e paesaggi di Francesca Banchelli alla Tenuta dello Scompiglio
Un paesaggio architettonico che si forma e si distrugge immediatamente dopo invita ad accogliere un nuovo scorrere del tempo nella mostra dell’artista toscana, attivata da una performance
Nel lavoro di Francesca Banchelli (Montevarchi, 1981), l’esplorazione di visioni artistiche nate da intuizioni porta a incontri annotati prima con il semplice disegno, e sprigionati, poi, attraverso i due linguaggi a lei cari: la performance e la pittura. Queste due forme d’arte divengono canalizzatrici, portatrici, conduttrici di una ricerca di un qualcosa che è in divenire, che non è strutturato. Traendo ispirazione dalla teoria dell’evento di Alain Badiou – per cui un evento è una forza che si manifesta in un punto di rottura, generando l’impensabile e trasformando l’uomo in un soggetto capace di verità – nelle sue opere, così come nell’installazione ambientale Afternoon, l’incontro diventa per l’artista l’occasione in cui micro società – fatte di uomini sì, ma anche di animali, piante e pietre – possono formarsi, appagando il bisogno dell’artista di far dialogare il mondo intimo con quello esterno.
L’installazione di Francesca Banchelli alla Tenuta dello Scompiglio
Ed è così che anche nella sala espositiva della Tenuta dello Scompiglio, in un non luogo dove una serie di incontri accadono, avviene lo sfondamento dell’inconscio dentro la visionarietà. È un paesaggio lunare? L’installazione presenta diverse traiettorie: l’orizzontalità di un pavimento coperto di cenere, la verticalità di tele che si ergono come strutture semi-architettoniche, l’imprevedibilità dei performer nello spazio.
Un paesaggio architettonico che si forma e si distrugge immediatamente dopo, che articolato da logiche femminine non si traduce in una struttura netta, ma piuttosto in un’attitudine enigmatica e aperta, offrendo molteplici possibilità di visione. Le tele creano passaggi che favoriscono l’incontro, secondo la prospettiva di Lacan: l’essere umano prende coscienza di sé quando incontra l’altro. I dipinti, i segni di colore puro presenti su queste strutture sono ricchi di rimandi, suggestioni e testimonianze.
All’interno di questo spazio, i performer (la sesta e ultima performance del ciclo si svolge sabato 15 luglio, poi la mostra prosegue) si muovono con lentezza, seguendo un ritmo diverso, quasi extraterrestre, impostato dal suono di sottofondo, un costante e meditativo rumore bianco che abbraccia tutte le frequenze. Al contrario, il pubblico arriva con il proprio passo, con la velocità impostata dal mondo esterno. L’installazione ambientale, il movimento dei performer e il suono ultraterreno contribuiscono a rallentare il battito cardiaco, invitando ad accogliere un nuovo scorrere del tempo.
Silvia Vannacci
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