Memoria e colonialismo nelle Stratificazioni in mostra a Milano
Le memorie personali e collettive sono i fili che compongono il tessuto della Storia. Cinque artisti, dall’Africa ai Caraibi, esplorano il tema attraverso pratiche multidisciplinari
La galleria milanese ArtNoble continua a distinguersi per una proposta espositiva di respiro internazionale. La nuova mostra, Stratificazioni, esplora la pratica di cinque artisti che operano sul concetto di memoria e sul disvelamento delle sue complessità. La provenienza degli artisti, principalmente africana, testimonia che l’arte extra-occidentale è ben più di quanto emerge dal grande mercato: è bene ricordare, infatti, che ciò che il sistema eleva a modello dell’arte contemporanea africana, per esempio, non è che il riflesso di un gusto ancora limitato al riconoscibile e, dunque, allo stereotipato.
La mostra Stratificazioni a Milano
Installazione, ricamo, fotografia: le stratificazioni della nuova mostra nella galleria di Matthew Noble si riflettono anche nella varietà dei medium utilizzati dagli artisti.
Inaugurano la rassegna gli scatti del congolese Georges Senga (Lubumbashi, 1983), che indagano una memoria singolare e personale nelle sue manifestazioni in luoghi e oggetti. Di stampo politico e collettivo, invece, le opere di Jermay Michael Gabriel (Addis Abeba, 1997) sfruttano l’elemento del fuoco per sottolineare la necessità di affrontare il passato coloniale italiano: legni e cornici bruciate sono accostati alle immagini dei giornali d’epoca raffiguranti la campagna militare d’Abissinia o (meno esplicitamente) a una simbolica lastra di vetro in frantumi, come accade nell’opera Decol (2020). In un panorama occidentale sempre più interessato ai temi della decolonizzazione, l’Italia sembra ancora nascondere la polvere del proprio passato sotto il tappeto della Storia.
Memoria personale e collettiva da Artnoble
Proseguono oscillando fra intimità e condivisione le pratiche degli artisti in mostra. Se Délio Jasse (Luanda, 1980) cerca di ricostruire storie dimenticate stampando su tessuto eloquenti memorabilia (album di famiglia, foto di passaporti, francobolli), i minimali ricami di Muna Mussie (Keren, 1978) e le oscure fotografie di Jim C. Nedd (1991) esplorano rispettivamente gli interstizi della comunicazione (verbale, visiva e gestuale) e suggestioni caraibiche che racchiudono l’identità del luogo in quanto archivio di una memoria collettiva.
Alberto Villa
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