Il dialogo tra tecnologie urbane e arti visive in mostra a Roma
L’arte aiuta a interpretare l’evolversi delle relazioni tra lo sviluppo urbano e le tecnologie. E l’ispirazione arriva dalle “città invisibili” di Calvino
Un complesso dialogo polifonico fra tre ardui interlocutori – le arti visive, la città (intesa sia come spazio fisico che come dimensione concettuale) e le nuove tecnologie digitali – è quello tentato da Luca Ceresoli e Serenella Di Marco ideatori e curatori della mostra collettiva Tecnologie Urbane, allestita a Palazzo Merulana e ispirata dal romanzo Le città invisibili di Italo Calvino, del quale ricorre, quest’anno, il centenario della nascita.
LE TECNOLOGIE URBANE IN MOSTRA A ROMA
Accanto a numerosi artisti contemporanei (più noti, meno noti e ignoti), troviamo alcuni classici della collezione permanente: Piranesi, de Chirico, Gentilini, Munari. La città, quindi, è anche luogo della memoria, una memoria che si attualizza plasticamente nella libera ideazione della sintesi artistica. A poca distanza dai classici, in un virtuale e rocambolesco colloquio, alcuni noti street artist e una rappresentanza di pittori senza fissa dimora. “Anche l’arte è un luogo” afferma Serenella Di Marco, “è uno spazio di condivisione, di aggregazione sociale, di creazione di contenuti e di nuovi, ipotetici punti di vista”. Veniamo attratti dalle installazioni del duo Nuvola Project (Gaia Riposati e Massimo Di Leo), la cui morfologia, gestalticamente ambigua, rimanda alla nuvola e/o all’organo cerebrale, al cloud digitale e/o alle connessioni neuronali. “Sono opere informatiche che stanno performando: è una performance in atto” ci spiega Gaia Riposati “Queste nuvole – ciascuna con la propria peculiare anima digitale – sono rilevatori di fenomeni, interagiscono con il suono variando la propria luminosità. Mettere in connessione il metaverso con l’universo è parte del nostro lavoro.”.
GLI ARTISTI IN MOSTRA A PALAZZO MERULANA
Il riverbero acustico che si fa luce è un archetipo della memoria ancestrale: una suggestione, questa, che ci accompagna nel prosieguo del percorso espositivo. Eccoci di fronte ai codici segnaletici urbani di Antonia Ciampi, artista bolognese impegnata – con un’attenzione alla venatura ironica – nella ricerca plastica di un linguaggio universale e che dice la sua sul senso e sul significato del fare arte: “L’arte è uno strumento di comunicazione per emozionare e per stimolare il pensiero. Questo è da sempre stato il suo compito. L’arte è già concettuale con Giotto e Cimabue: a monte c’è sempre un pensiero del pittore”. Ci invita, poi, a toccare le sue creazioni realizzate su un supporto imbottito, morbido, docile al tocco delle dita. Così tra tattilismi e realtà virtuali si dipana questo singolare, inconsueto itinerario artistico escogitato da due intraprendenti curatori. E ancora una volta l’arte rivela la sua intima, profonda natura di tessuto connettivo della realtà.
Luigi Capano
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