È morto Brice Marden. L’artista aveva 84 anni
Il pittore americano che ha ridefinito i canoni della pittura astratta si è spento nella sua casa nello stato di New York. A darne notizia è stata la figlia con un post su Instagram
“È stato fortunato a vivere una lunga vita facendo ciò che amava” così, Mirabelle Marden, ha salutato il padre, Brice Marden, morto all’età di 84 anni nella sua casa a Tivoli nello stato di New York. Sin dagli anni 60’, l’acclamato pittore americano ha segnato il mondo delle arti visive con la sua pittura, dipingendo in molti modi diversi e distaccandosi dai colleghi che seguivano ambizioni esplicitamente concettuali.
Dai primi monocromi dalle tinte tenui ai grovigli di linee su fondi vivaci, Marden è sempre rimasto fedele all’astrattismo perché “per me, l’astrazione è la vera via del ventesimo secolo perché non stai guidando troppo lo spettatore”, spiegò al pittore Chris Ofili in una conversazione per Artforum, ripresa da Artnews.com.
La vita e la carriera di Brice Marden
Brice Marden è nato a Bronxville, New York (USA), il 15 ottobre 1938. Ha frequentato il Florida Southern College a Lakeland, la Boston University School of Fine and Applied Arts e la Yale University School of Art and Architecture, New Haven, dove si è diplomato nel 1963. Ed è proprio qui, a Yale, che Marden acquisisce e sviluppa tutti quei piani formali che hanno poi caratterizzato i suoi dipinti nei decenni successivi, ovvero: formati rettangolari e l’uso ripetuto di una tavolozza dai colori molto personali.
Nel 1963 si trasferisce a New York e lavora come guardasala per il Jewish Museum, dove ha modo di conoscere l’opera di Jasper Johns e di approfondire il suo interesse per le “composizioni a griglia” e per la tecnica dell’encausto. Dipinge il suo primo lavoro monocromatico nel 1964 e nel 1966 si apre al mondo dell’arte con la prima personale a New York, e più precisamente alla Bykert Gallery, con una serie di monocromi dai colori tenui. Diventa l’assistente di Robert Rauschenberg e nel 1968 inizia a costruire dipinti composti da pannelli multipli. Nel 1972 partecipa a Documenta, Kassel e tre anni dopo il Museo Solomon R. Guggenheim organizza una sua retrospettiva. L’interesse nutrito per l’arte antica e per l’architettura viene coltivato con una serie di viaggi, tra cui Roma e Pompei, che influenzeranno la sua produzione a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta.
A metà anni ’80 abbandona il Minimalismo a favore di un’astrazione fondata sulla gestualità, con una profonda passione per la calligrafia orientale. Anche nelle opere più recenti (e di grandi dimensioni) permangono i glifi (meglio conosciuti come geroglifici)ispirati proprio alla calligrafia orientale. Infine, negli anni Novanta gli vengono dedicate due importanti mostre itineranti e nei primi anni duemila il Museum of Modern Art di New York organizza un’approfondita retrospettiva dei suoi dipinti e disegni, esposta successivamente anche al San Francisco Museum of Modern Art e alla Hamburger Bahnhof di Berlino nel 2007.
Valentina Muzi
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