Al PAC di Milano una mostra per i 30 anni dalla strage di Via Palestro

La rassegna Performing PAC si concentra sul rapporto tra arte contemporanea e memoria storica, con la mostra che cita una canzone di Leonard Cohen ispirata al dramma della Shoah

Nove stazioni, tappe di un percorso espositivo che indaga i “luoghi della memoria” attraverso l’arte contemporanea, tra installazioni e video arte, tracciano la strada della collettiva di Performing PAC, che mette insieme opere di Yael Bertana, Maurizio CattelanDouglas Gordon, Miguel Gomes, Christian Boltanski, Clementia Echeverri, Maja Bajevic, Giulio Squillacciotti, Ottonella Moccellin Nicola Pellegrini.

Dance Me To The End Of Love, la mostra al PAC e il ricordo della strage

Dance Me To The End Of Love, titolo mutuato da un Leonard Cohen ispiratissimo trasportato dal racconto e dalle sofferenze della Shoah, incarna perfettamente il concetto di “senza tempo”. Il 27 luglio 1993 appartiene proprio a questa categoria, una giornata che lascia una ferita difficile da rimarginare per la città di Milano, colpita al cuore in una torrida sera d’estate. Un’autobomba uccide cinque persone sventrando completamente il PAC, minando l’integrità di un’istituzione e l’autorità culturale nazionale. Una vera e propria strage in piena regola, senza veri mandanti né obiettivi mirati, in una città letteralmente deserta.
Marco Bova e Simona Zecchi partono proprio da questo tragico avvenimento scavando tra gli archivi e la cronaca del Padiglione per ricostruire maniacalmente quel biennio 1992-1993 che ha stravolto senza appello la storia dell’Italia politica, sociale e dell’opinione pubblica.

Miguel Gomes, Redemption, 2013, still da video. Courtesy Okta Film
Miguel Gomes, Redemption, 2013, still da video. Courtesy Okta Film

Le opere in mostra al PAC: l’arte contemporanea per la memoria

Per la mostra, gli archivi si estendono al riallestimento di Entre-Temps opera simbolo di Christian Boltanski (Parigi, 1944 – 2021) già esposta al PAC nel 2005 sotto la curatela di Jean-Hubert Martin durante una personale sull’artista che si muoveva lungo la speculazione intorno all’inesorabile scorrere del tempo. 
Balka Germania è la monumentale opera di Yael Bartana (Israele, 1970) che accoglie in prima battuta i visitatori. Una regina androgina, di impronta ariana e difficilmente collocabile nello spazio-tempo, si presenta a dorso di un asino in una Berlino travolta dai fantasmi di un passato mai completamente risolto. Douglas Gordon (Glasgow, 1966) è il protagonista di una suggestiva proiezione riprodotta all’infinito per aumentare l’immersività dello spettatore avvolgendolo nella potenza del ricordo. La complessa opera racconta, attraverso immagini spesso oscure e sporche, il viaggio da Berlino a Varsavia di due musicisti riprendendo al contrario la traversata verso la Germania che fecero, nel 1939, i propri familiari dalla Polonia occupata. La colombiana Clemencia Echeverri (Salamina, 1950) presenta una video installazione di grande impatto emotivo, un canto funebre concretizzato da una doppia proiezione delle impetuose acque del fiume Cauca. Mentre la performance prende il sopravvento nell’allestimento di Ottonella Mocellin (Milano, 1966) e Nicola Pellegrini (Milano, 1966), i quali riportano alla luce Così lontano, così vicino installazione del 2003 intorno alla dualità tra memoria collettiva e individuale. 
Maja Bajevic (Sarajevo, 1967) consegna la sua personale e intima versione di Green Green Grass from Homeprendendo in prestito una grande canzone dal commovente rimando al ritorno e alle mura di casa. L’artista bosniaca affonda sul ricordo della casa dei nonni distrutta dalla guerra in Jugoslavia il significato più profondo di questa video installazione datata 2002. 

Maja Bajevic, Green, Green Grass of Home, 2002, still da video. Courtesy of the artist and Galerie Peter Kilchmann, Zurigo, Parigi © Maja Bajevic, by SIAE 2023
Maja Bajevic, Green, Green Grass of Home, 2002, still da video. Courtesy of the artist and Galerie Peter Kilchmann, Zurigo, Parigi © Maja Bajevic, by SIAE 2023

Maurizio Cattelan e la strage di Via Palestro

Piccole teche contengono un Maurizio Cattelan (Padova, 1960) insolito, intimo e non urlante. Sono due le opere ready made datate 1994 e prodotte a circa un anno dalla strage attraverso l’utilizzo di oggetti comuni, feticci d’uso quotidiano incastonati nell’immaginario collettivo. Una serie di fazzoletti annodati è pronta ad asciugare le lacrime delle vittime dell’attentato estendendo il significato a una sorta di ballata universale che è in grado di assorbire un dolore molto più grande. Souvenir di Milano è una colorata macchinetta fotografica per bambini dal quale ammirare una serie di cartoline. Se negli avamposti turistici trovavamo la celebrazione stereotipata dei più grandi monumenti italiani qui, con un’inversione provocatoria, si alternano le drammatiche e terrorizzanti immagini del PAC distrutto introducendo una dimensione ludica altamente grottesca. Cattelan è comunque uno dei pochi artisti a riflettere sul tragico evento che ha colpito Via Palestro. Memoria collettiva e memoria individuale si confrontano in un fitto dialogo tra le stanze proiettate lungo tutto il percorso-mostra, invitando il visitatore a esplorare le opere attraverso una scoperta interiore e personale, alternata a un doveroso e necessario confronto con la Storia.
Il PAC ancora una volta, attraverso un’operazione tutt’altro che autoreferenziale, riesce a parlare di sé e di ciò che è stato attraverso storie personali, intime e private che diventano narrazioni con le quali tutti noi possiamo e dobbiamo prima o poi fare i conti, cercando un significato universale.

Davide Merlo

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Davide Merlo

Davide Merlo

Davide Merlo nasce a Genova nel 1992, coltiva da sempre una grande passione per l'arte contemporanea, la filosofia e l'architettura. Laureato al Politecnico di Milano in disegno industriale e all'ISIA di Firenze in design per comunicazione visiva e multimediale; precedentemente…

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