Le videoinstallazioni di Fabrizio Plessi per valorizzare la storia di Brescia

Come può la videoarte coinvolgere il pubblico in una riscoperta del patrimonio storico bresciano? Ci prova l’artista con il suo linguaggio barocco e minimalista al contempo

Una creatività analogica, ma con strumenti digitali. Questo il cuore delle cinque video-installazioni del pioniere della videoarte Fabrizio Plessi (Reggio Emilia, 1940) pensate per il terzo appuntamento dei Palcoscenici Archeologici bresciani, iniziativa che evidenzia il grandissimo potenziale di reciproco arricchimento interpretativo insito in un dialogo diretto ed esplicito tra arte antica e contemporanea.
Snodandosi tra Capitolium, Basilica di San Salvatore e Museo di Santa Giulia – anche grazie al “chilometro accessibile” del nuovo Corridoio UNESCO –, il percorso immersivo Plessi sposa Brixia offre un viaggio nel colossale patrimonio della co-Capitale italiana della Cultura reinterpretato con l’aiuto di colate dorate, che sciolgono i monumenti, e un anello, simbolo del matrimonio tra Plessi e Brixia: “Come il doge si sposava con il mare, io ora sposo la città”, dice l’artista. Ne abbiamo parlato con lo stesso Plessi, con la curatrice Ilaria Bignotti e con la presidente della Fondazione Brescia Musei, Francesca Bazoli.

Fabrizio Plessi @piero viti
Fabrizio Plessi. Photo Piero Viti

Intervista a Fabrizio Plessi

Nel percorso emergono sia il tema della confutazione dell’egocentrismo contemporaneo sia il rispetto e l’amore per l’antico: come dialogano queste due tematiche? E come si collocano nella sua storia artistica? 
Cammino da sempre con un piede calcato nel futuro e l’altro piede è, naturalmente, nel solco della coscienza storica del passato. Non è tanto una critica all’egocentrismo contemporaneo, o meglio, all’autoreferenzialità dei nostri tempi, ma un tentativo di far convivere situazioni apparentemente impossibili, opposte biologicamente. Il progetto bresciano mi ha permesso di esprimere perfettamente questa mia poetica. 

Il progetto punta a trasmettere un messaggio di responsabilità e consapevolezza del patrimonio di Brescia alla sua cittadinanza e non solo: quanto l’opera vuole coinvolgere il pubblico in un dialogo che fa della tecnologia un agente di comunicazione di valori?
Mi sembrava importante, nell’anno in cui Brescia con Bergamo è Capitale italiana della Cultura 2023, lasciare un segno forte e anche in un certo senso inedito di questo strano e precario equilibrio tra il tempo presente e il nostro enorme passato. Un segno di amore e passione. Un nuovo codice visivo, nuove forme che codificano il mio messaggio, cioè quello di essere, da sempre, un archetipo di tutte le desinenze che derivano dal futuro. 

Fabrizio Plessi, Plessi sposa Brixia, installation view at Museo di Santa Giulia, Brescia, 2023. Photo Petrò Gilberti
Fabrizio Plessi, Plessi sposa Brixia, installation view at Museo di Santa Giulia, Brescia, 2023. Photo Petrò Gilberti

Plessi sposa Brixia. Parola alla curatrice Ilaria Bignotti

Come possono la videoarte e le videoinstallazioni coinvolgere il pubblico in una riscoperta del patrimonio bresciano e in una sua cura? In che modo Fabrizio Plessi è l’autore perfetto per rappresentare questo incontro? 
Fabrizio Plessi ha fondato un codice unico nel suo genere, che non è solo videoarte, né unicamente digitale tecnologico. Come mi ha detto in questi mesi: “Il mio linguaggio è barocco e minimalista, è una contraddizione armoniosa”. Un modo di umanizzare ciò che appare straniero e distante, e di rendere nuovo e diverso ciò che abbiamo sempre avuto sotto gli occhi. Ecco, credo sia questo un modo magistrale di insegnare al pubblico di prendersi cura del proprio patrimonio. 

Come è stato integrato il bacino di iconografie, anche musive, di Brixia all’interno delle opere e del percorso?
Credo che questa mostra sia un archetipo, un modello di interazione e di interdipendenza tra forme antiche e contemporaneità. Cinque installazioni che hanno scelto sculture, mosaici, architettura per tradurli quali concetti di un fiume che scorre, dorato e quieto, senza fine, tra il dolore della perdita e la meraviglia della rigenerazione. L’anello, che si sposa un monumento, è una visione folle e appassionata di un amore vero tra le fondamenta del tempo e le derive del presente. 

Fondazione Brescia Musei e lo sguardo al contemporaneo. Intervista a Francesca Bazoli

Prosegue la contaminazione tra arte contemporanea e archeologia. L’esperienza con gli altri progetti cosa ha dimostrato? 
Tutte le esperienze degli ultimi anni, dall’installazione di sei artisti contemporanei all’interno della basilica longobarda di San Salvatore, e poi Juan Navarro BaldewegFrancesco Vezzoli, Emilio Isgrò, Davide Rivalta, hanno dimostrato il grandissimo interesse di pubblici nuovi o anche già appassionati rispettivamente a scoprire ovvero a rileggere il patrimonio antico e archeologico grazie alla leva generata dall’installazione contemporanea. Il lavoro con artisti contemporanei produce energia creativa che invade anche i dipartimenti di conservazione e ricerca dei musei tradizionali come il nostro, generando talvolta dei clash culturali, altre volte – e più spesso – idee e spunti creativi anche per la valorizzazione del patrimonio antico. In questa contaminazione, che diventa semina continua per la ricerca museale, sta la natura vera del nostro progetto di ricerca culturale attraverso il contemporaneo nell’archeologia. 

L’iniziativa inaugura il Corridoio UNESCO: sarà un’opportunità per collocare Brescia in una posizione di sempre maggiore rilievo nell’ambito degli itinerari artistici d’Italia? 
Tutto quanto stiamo facendo tende a riqualificare e a promuovere su pubblici nazionali e internazionali l’identità culturale e patrimoniale di Brescia antica. Lo facciamo attraverso gli eventi temporanei, ma anche migliorando costantemente il sistema dell’offerta museale – la nuova sezione dell’età romana – La città del Museo di Santa Giulia, il raddoppio delle sale dell’arthouse cittadina Nuovo Eden, il restauro percettivo illuminotecnico dell’Oratorio di Santa Maria in Solario, il riallestimento del tempio Capitolino con la Vittoria Alata e ora questo chilometro di bellezza liberamente fruibile nel più vasto parco archeologico a nord di Roma – per valorizzare la grande potenzialità di Brescia, con il suo straordinario ed enciclopedico patrimonio, come uno dei grandi destinatari dell’interesse, dell’attenzione e della fruizione turistico culturale europea.

Giulia Giaume

Articolo pubblicato su Grandi Mostre #35

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Emma Sedini

Emma Sedini

Etrusca e milanese d'origine in parti uguali, vive e lavora tra Milano e Perugia. È laureata in economia e management per arte, cultura e comunicazione all'Università Bocconi, e lì frequenta tutt'ora il MS in Art Management. Nel frattempo, lavora in…

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