Come sarà il Museo Reina Sofia del direttore Manuel Segade a Madrid
Alla guida del più importante museo di arte contemporanea di Spagna, il nuovo direttore presenta le linee guida per i prossimi 5 anni. All’insegna di inclusività, trasparenza, valorizzazione delle arti performative
Dirigere un’istituzione come il Museo Nazionale Centro d’arte Reina Sofia non è un compito facile, soprattutto se il proprio predecessore ha ricoperto la carica per ben quindici anni. A cento giorni dalla nomina, Manuel Segade (La Coruña, 1977) ha presentato le linee guida con le quali intende gestire per i prossimi cinque anni il più importante museo d’arte contemporanea di Spagna, nonché la sede permanente del celebre dipinto di Pablo Picasso Guernica.
Reina Sofia: la difficile eredità di Manolo Borja-Villel
Manuel Segade non sembra preoccupato di raccogliere l’eredità di Manolo Borja-Villel, figura autorevole ma ingombrante, criticata talora in ambito spagnolo per le scelte elitarie, intellettualistiche e per una gestione poco trasparente. “È un privilegio e una meraviglia poter contare su una programmazione già stabilita per i prossimi due anni”, ha dichiarato il neodirettore. “È un regalo che mi permette di concentrarmi e lavorare in altri ambiti della direzione. Un museo, del resto, non è solo programmazione di mostre temporanee. La mia attività espositiva vera e propria comincerà alla fine del 2025, ma nel frattempo riempiremo gli spazi vuoti con azioni silenziose, ma significative”. È il caso della recente decisione di permettere al pubblico di fotografare il capolavoro di Picasso Guernica, scelta non comunicata ufficialmente ma che, in breve, ha fatto il giro del mondo.
Senza mai entrare nei dettagli, Segade ha accennato a coproduzioni internazionali, progetti itineranti in Spagna e all’estero, intercambi di deposito con le Comunità Autonome, produzioni site-specific, proposte multidisciplinari e soprattutto a formati espositivi diversi (con costi e dimensioni spaziali variabili) per attrarre un pubblico quanto più vario al museo e nelle sue sale esterne – il Palacio de Cristal e il Palacio de Velázquez, nel cuore del Parco del Retiro – dove l’ingresso è libero e gratuito.
La strategia di Manuel Segade per raggiungere il massimo consenso
L’obiettivo del neodirettore è di creare intorno a sé il massimo consenso, con un’apertura sempre più trasversale, interdisciplinare e socialmente partecipativa. “Giunge ora un periodo di transizione, che deve essere costruito come una tappa di consolidamento. Desidero creare un museo aperto, che generi meccanismi di partecipazione, dialogo e discussione. Intendo l’arte contemporanea come elemento di trasformazione e di crescita sociale. Un museo è polifonico: deve generare un ecosistema e non un’egemonia”. Accessibilità significa anche, per il neodirettore, offrire opportunità ai talenti emergenti: dare spazio, cioè, a giovani artisti e curatori, soprattutto spagnoli e paritariamente donne, con carriere non ancora del tutto consolidate o addirittura agli esordi, assumendosi anche il rischio di critiche e fallimenti. Sostenibilità, educazione e mediazione culturale sono alcuni dei perni attorno ai quali ruota la gestione Segade, che segue la linea del suo predecessore nel promuovere l’incremento di acquisizione di fondi privati e di archivi documentali di artisti, agenti e gallerie, per costruire la memoria storica dell’arte contemporanea in Spagna.
Sul piano della comunicazione digitale e sulla presenza del museo nelle reti sociali, invece, il neodirettore ammette che ci sia ancora molto da fare e per ora annuncia un nuovo sito web, più visibile, accessibile e dove si recuperi la memoria perduta del museo prima del 2008.
Spazio agli esclusi, alla performance e alla musica trap
In linea con il lavoro svolto finora alla testa del Ca2M di Mostoles – centro d’arte della Comunità di Madrid in un vivace quartiere periferico – Manuel punta sulle arti vive, corporali, per introdurre soprattutto la performance a ravvivare le fredde sale dell’Edificio Sabbatini, antico ospedale dell’epoca di Carlo III, e in particolare le mostre monografiche al Palacio de Velázquez. Con la parola “vernacolo” Segade intende lo stretto dialogo con i linguaggi della cultura popolare, tra i quali la musica giovanile come la trap, ipotizzando la collaborazione con personalità come C. Tangana, Rosalia e Arca.
“Oltre alla sperimentazione dell’arte giovane, vorrei consolidare la visibilità nazionale e internazionale degli artisti, uomini e donne, con decenni di esperienza alle spalle, riconfigurando gli spazi del museo”. Implicito in tal senso il riferimento a quegli artisti del panorama spagnolo del Novecento, come Antonio López e Rafael Canogar (il padre di Daniel) rimasti esclusi, non senza polemica, dalla recente rilettura della collezione permanente. “Per sviluppare diverse letture possibili”, oltreal focus sulla creatività latino-americana, ci sarà anche un’apertura al sud del Mediterraneo, e in particolare al panorama artistico africano.
Due comitati assessori per arte e architettura
Nella lunga e articolata dichiarazione di intenti, colpisce l’ossessiva reiterazione di concetti come parità e uguaglianza di genere, diversità multietnica e sociale, applicati a tutti i settori della gestione del museo: creativi, scientifici e lavorativi. Tra tante metafore, e qualche passaggio forse un po’ farraginoso, senza fare nomi né dare cifre, Manuel Segade ha comunque sorpreso per l’attitudine positiva di trasparenza e di cooperazione.
Sul suo operato vigileranno – per statuto – due autorevoli comitati assessori. Quello artistico è composto da figure indiscutibili come Maria de Corral, ex direttrice del museo e della Biennale di Venezia nel 2005; Vicente Todolì, già direttore della Tate Modern e oggi a capo dell’Hangar Bicocca di Milano; il brasiliano Joao Fernandes, ex vicedirettore del museo, insieme a quattro personalità femminili dal profilo internazionale come la messicana Amanda de la Garza, l’argentina Inés Katzenstein e le spagnole Chus Martínez e Gloria Moure. Sul piano dell’architettura (e del design) Segade si affiderà alla consulenza di Juan Herrero (che con estudioHerrero ha disegnato musei come il Munch di Oslo e il Malba di Buenos Aires), di Marina Otero Verzier (curatrice di mostre di architettura e specialista in design sociale) e soprattutto di Andrés Jaque, responsabile della XIII Biennale di Shangai e co-curatore di Manifesta 13 Palermo, oltre che specialista in allestimento di collezioni pubbliche e private (incluso il MoMa).
Federica Lonati
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