Il progetto femminista dell’artista Elena Bellantoni per la passerella Dior
In occasione della sfilata Prêt-à-porter Primavera-Estate 2024 della maison l'artista ha presentato una grande video installazione che ricalca e risponde alle pubblicità sessiste dagli anni Quaranta a oggi. Con un forte messaggio
“Taste it”, “Shake Your Pleasure”, “Your secretary knows how to do it faster”: concetti e motteggi che molte donne conoscono fin troppo bene, echi di pubblicità sessiste che dagli anni Quaranta arrivano fino a oggi. A questi tristi slogan, rielaborati con fotografie che ne esplicitano il doppio senso e la chiave patriarcale, l’artista Elena Bellantoni (Vibo Valentia, 1975) risponde con un corpus di parole chiave mutuate dalla storia del femminismo: “Listen to your body’s beat/ I’m not a piece of meat“. E ancora, “Take your hands off when I say no/ Take your eyes off when I say no/ I say no“, e “Liberation of bodies is not commercial liberalism”. Queste coppie di messaggi antitetici sono il cuore di NOT HER, la nuova installazione site-specific dell’artista, autrice e docente ideato e prodotto per la sfilata Dior Prêt-à-porter Primavera-Estate 2024 e presentato in anteprima ai Giardini delle Tuileries di Parigi lo scorso 26 settembre.
NOT HER, il nuovo progetto di Elena Bellantoni
La video-installazione con schermi al led di 7 metri di altezza, pensata a partire da una serie di collage fotografici, si colloca nel solco di un lungo lavoro di Bellantoni sui concetti di identità ed alterità espressi attraverso il corpo, e scaturisce da un archivio di oltre 300 immagini. Dalla moglie e “casalinga perfetta” iniziale, si passa poi alla “bambolina” e infine alla “bellezza contesa”: le donne diventano a turno elementi di arredo e oggetti del desiderio e del possesso, vittime di una mercificazione brutale che sopravvive al femminismo. Partendo proprio da questo materiale, Bellantoni ha deciso quindi di calarsi nei panni del “pubblicitario sessista” progettando e posando in 24 réclame inedite dal gusto analogico, ognuna corredata da risposta: ne emerge un racconto verbo-visivo che tenta di rifuggire la “griglia semantica” in cui il corpo femminile è storicamente rinchiuso, e gridare “NOT HER“.
Il racconto, in cui il corpo dell’artista viene anche alterato dall’Intelligenza Artificiale, è intriso di omaggi alle donne della storia dell’arte, dagli anni Settanta e Ottanta di Ketty la Rocca, Tomaso Binga e Lucia Marcucci alla contemporaneità di Barbara Kruger e Cindy Sherman.
Il progetto NOT HER nella voce dell’artista, Elena Bellantoni
“Ora c’è un’urgenza più attuale che mai, e non solo nel nostro Paese, di parlare di questi temi“, racconta ad Artribune Elena Bellantoni. L’artista, di cui a breve uscirà un testo per Castelvecchi sui quasi vent’anni di esperienza sul campo, ha fatto confluire in questo progetto tutti i suoi precedenti lavori sul corpo come spazio di conflitto e luogo di risoluzione dello stesso. “Nel 2015 ho iniziato un lungo lavoro di archivio, e nel 2018 con ‘On the breadline‘, vincitore del quarto bando Italian Council, ho fatto una ricerca specifica su cento donne affiancandole in quattro Paesi del Mediterraneo”.
“Negli anni stanno crescendo la consapevolezza e l’attenzione per il problema“, continua Bellantoni. “Ora è necessario creare un nuovo paradigma, come già detto da grandissime come Donna Haraway e Judy Butler. Dobbiamo attuare una trasformazione che sia individuale ma anche collettiva, in uno spazio marginale, radicale e creativo“. E il modo in cui lo fa l’artista è incarnandolo nei corpi: “Tutti i corpi sono performativi. È il corpo che scrive lo spazio, rendendo corporea la poesia”. Altra costante dell’artista, il tocco ironico: “Si vede anche negli uomini-fumettoni con le stelline rosa negli occhi. È un pop politico, un grande autoritratto che rifugge lo stereotipo femminile e allo stesso tempo vi ammicca: per questo ho modificato in postproduzione il mio corpo, echeggiando le pubblicità che lo smembrano per vendere prodotti. Le stesse pubblicità che, con i loro slogan e le loro proporzioni, sono completamente introiettate e creano desideri e immaginari“.
Arte femminista in passerella: Bellantoni e Maria Grazia Chiuri
Per la sfilata, Bellantoni ha realizzato le opere ma anche la scenografia, lo storyboard del video e delle tessere che girano in split-flap (come sui tabelloni in aeroporto), affiancata dal celebre ufficio di scenografi Bureau Betak. Creando una performance che, durante la sfilata, si fa doppia: “Alla fine, i messaggi soli scorrono dietro i corpi delle modelle che camminano: sono loro le performer che interpretano il cambio di paradigma. È un passaggio concettuale e visivo importante: io rivendico il diritto all’immaginazione“.
Un messaggio che si fa medium – nella lezione di Marshall McLuhan ma anche di John Giorno, a ben leggere il ritmo e la musicalità del progetto – e che prende vita grazie anche alla visionarietà di Maria Grazia Chiuri. “Non la ringrazierò mai abbastanza“, chiosa l’artista, affiancata nel progetto da Maria Alicata e Paola Ugolini. “La nuova collezione Dior, che ha al centro l’idea di donna ribelle e strega, è stato il nostro punto d’incontro: al rifiuto dello stereotipo dominante segue una proposta di un nuovo modello di femminilità. La moda ha una grande responsabilità ma anche un’opportunità, e Chiuri lo sa: perciò ha lavorato con artiste come Judy Chicago, Joana Vasconcelos, Marta Roberti e Silvia Giambrone“.
Giulia Giaume
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