Il segno senza tempo di Omar Galliani in mostra a Milano

Il disegno con le sue metamorfosi è il fulcro del percorso che a Palazzo Reale conduce alla scoperta della poetica dell’artista emiliano, all’insegna di una potenza narrativa che si nutre di metafisica. Con un colibrì a guidarci nel percorso

Secondo un antico mito riportato da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, in Occidente, l’origine della pittura – o meglio, del disegno – era attribuita dai Greci a una fanciulla corinzia, la figlia del vasaio Butade Sicionio, che per non dimenticare l’aspetto dell’amato, prossimo alla partenza verso terre lontane, “tratteggiò con una linea l’ombra del suo volto proiettata sul muro dal lume di una lanterna”. Già si delineava quel carattere legato all’alternarsi di luce e ombra, il chiaroscuro, con radici affondate nella terra del desiderio, della memoria, ai confini tra sogno e realtà.


Il disegno secondo Omar Galliani

Il disegno con le sue metamorfosi è al centro della retrospettiva che omaggia l’arte di Omar Galliani (Montecchio Emilia, 1954), DiacronicaIl tempo sospeso, curata da Flavio Caroli e Vera Agosti, e diventa “infinitissimo” – usando un’espressione dello stesso maestro – in un percorso artistico straordinario, lungo oltre quattro decenni, resistendo in un’era sempre più digitalizzata. L’allestimento ne sottolinea la potenza narrativa, la poetica cosparsa da un’allure concettuale, metafisica, proponendo la rinnovata lettura delle opere più iconiche, una selezione di capolavori esposti nelle Biennali più prestigiose del panorama internazionale, da Venezia a Tokyo, qui presenti unitamente ad alcuni lavori inediti e/o recenti, come l’installazione Baci rubati / Covid 19 (60 disegni sull’assenza di baci durante l’emergenza pandemica) che apre il ricco percorso espositivo. 

Omar Galliani, Firma dell’autore (particolare). Photo Domenico Carelli
Omar Galliani, Firma dell’autore (particolare). Photo Domenico Carelli

La mostra di Omar Galliani a Milano

Testimonianza della ricerca di bellezza e dell’evoluzione stilistica di Galliani, ai disegni, predominanti, si affiancano dipinti a olio (come Velden, Worthersee Lake, 2016) e sculture (Traiettorie dell’essere, 1983, acciaio inox + filo oro). In rassegna, la tavola NGC/7419 (2020-2021), dedicata al figlio prematuramente scomparso, opere su larga scala, monumentali, come Grande disegno italiano – vero sfumato leonardesco(2005), Mantra (1997), Omar Roma Amor (2012), il trittico La Principessa Lyu Ji nel suo quindicesimo anno di età (2008), Riflessi (2022-23), e ancora celebri serie, da Nuove anatomie (2001) a Nuovi santi, scorrendo in un beat rapide sequenze notturne e atmosfere rarefatte, teofanie, vanitas e cuori pulsanti sotto un cielo di stelle. 
Lo spettatore non segue un itinerario cronologico ma è accompagnato diacronicamente, cioè attraverso “il divenire nel tempo” nelle opere stesse, osserva la curatrice Vera Agosti, inseguendo di sala in sala il volo ideale di un colibrì, “immagine guida dell’esposizione” (la tavola di riferimento è De rerum natura, 2020), nonché simbolo caro all’artista reggiano quale “anello di congiunzione tra il mondo fisico e quello spirituale”, al contempo “metafora dell’estremo controllo”.
Dal segno impresso, inciso o graffiato su una tavola di pioppo, attraverso il candore della carta o di una tela, e con il nero più nero della grafite, a volte placato dal suo riflesso argentato o dalla foglia d’oro, se non addolcito da tocchi di pastello policromo, prendono vita suggestioni, emozioni e temi, che guardano al doppio, all’erotismo o all’incontro tra Oriente e Occidente sulle note di un misterioso mantra, rivelando l’universo di Galliani, i suoi universi. 
Per il curatore Flavio Caroli l’Universo simbolico rappresenta “la chiave principale del lavoro di Galliani”, secondo cui si nasconderebbe “un segreto dietro all’apparenza affascinante delle cose, un mistero che governa l’essenza del visibile e dell’invisibile”.
Per noi una lezione colta e raffinata, nel solco della grande tradizione italiana.

Domenico Carelli

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