L’artista russo rifugiato politico Sergey Kishchenko in mostra a Venezia
Prosegue il conflitto tra Russia e Ucraina. E Venezia diventa porto sicuro per gli artisti russi che hanno lasciato il loro Paese per solidarietà verso il popolo ucraino. Come Kishchenko, che espone ai Magazzini del Sale
Il 24 febbraio 2022 la Russia invade i confini ucraini, determinando quella che a oggi è la maggiore crisi europea per l’accoglienza di rifugiati dalla fine della seconda guerra mondiale. Da quel giorno, centinaia di migliaia di persone hanno abbandonato la Federazione Russa, prendendo parte a un fenomeno migratorio di massa che ha riscritto un nuovo, drammatico capitolo della diaspora. E tra di loro, anche numerosi artisti.
Così, a febbraio di quest’anno, per iniziativa del Centro Studi sull’Arte Russa (CSAR) e dell’Università Ca’ Foscari di Venezia è nato Mapping Diaspora. Ideato dalla professoressa Silvia Burini e dalla curatrice del Museo Pushkin Olga Shishko, il progetto viene concepito come una “mappa” volta alla documentazione delle pratiche degli artisti russi che, per le proprie posizioni politiche e per solidarietà con il popolo ucraino, hanno scelto di lasciare la propria terra.
La mostra di Sergey Kishchenko a Venezia
Il primo progetto espositivo di Mapping Diaspora, curato da Giuseppe Barbieri e da Silvia Burini, ha da poco acceso i riflettori sull’arte di Sergey Kishchenko. Ai Magazzini del Sale di Venezia, Hortus Conclusus. Memoria, biodiversità, migrazione è una mostra emotivamente intensa ma anche razionalmente documentale, in grado di raccontare un sentire interiore che è al tempo stesso personale e collettivo: è prima il sentire di un uomo, e poi di un popolo intero. Si tratta di una riflessione sulla migrazione, ma anche sulla fragilità della vita umana, sul problema ormai universale e sempre più urgente della perdita della biodiversità e sul ruolo determinante della ricerca scientifica nel preservarla.
L’idea di hortus conclusus per Kishchenko
Accomunando tradizione occidentale e orientale, il concetto medievale di “hortus conclusus”, – quel giardino delimitato da un perimetro, spesso caratteristico di monasteri e conventi – ha rappresentato per secoli il legame armonioso tra uomo e natura, esercitato in un luogo protetto da un ordine superiore. Da qui il titolo della rassegna, che riunisce gli ultimi dieci anni della produzione artistica di Kishchenko, intensificatasi da quando, nel 2022, si è recato a Venezia come rifugiato politico. Di assoluto impatto è la serie fotografica Recipe book-Erbari di piante selvatiche (2014 – 2018), in cui l’artista recupera le ricette di sopravvivenza risalenti all’assedio di Leningrado, composte da ingredienti di fortuna – tra cui piante selvatiche, farina e la colla di caseina utilizzata come cibo – e le associa a pagine scientifiche provenienti dagli erbari. Non si tratta di una semplice fotografia di un avvenimento storico, ma di un vero e proprio archivio visuale che conserva e trasmette la memoria collettiva. E ancora, la serie Macchie, buchi e fili allude al cervello di Lenin, sezionato e studiato dall’Institut Mozga (Istituto di ricerca del cervello), mentre un’installazione video documenta l’incendio che distrusse lo studio dell’artista a Mosca nel 2016.
Umanità e biodiversità. Il messaggio di Kishchenko
Ispirazione di gran parte delle opere in mostra è la biografia del genetista vegetale russo Nikolaj Ivanovič Vavilov: in particolare, la vicenda dell’ambizioso progetto della prima Banca di Semi e Piante commestibili al mondo difesa eroicamente dai suoi ricercatori durante l’assedio di Leningrado. In riferimento a quello che tutt’ora esiste sotto il nome di Istituto Vavilov, l’artista propone l’installazione Banca genetica: riutilizzando numerose bottiglie mediche, precedentemente adibite alla conservazione delle soluzioni saline e del sangue, Kishchenko le riempie con semi di cereali, a comunicare che “i chicchi di cereali sono il sangue per l’umanità”, e consentono la prosecuzione della vita umana sulla terra. Un’ode all’importanza della biodiversità e della sua preservazione.
Laura Cocciolillo
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