Il progetto Blu Blossom di Sislej Xhafa. Natura, opera e denaro all’isola di Mallorca
La radicalità del nido, metafora della dimensione esistenziale, ricorda che nulla sfugge al relativismo: sull’Isola di Mallorca un’opera misteriosa dell’artista albanese, esito di una residenza a Deja
Si entra da un varco che un tempo era un display con voci metalliche e scritte RGB, dietro non c’era niente ma c’era tutto, presto ci sarà la vita, intanto c’è cibo, paglia e legnetti. Tra il rumore dei Balcani che è il suo romanzo di formazione e la colonna sonora di New York c’è la sinfonia della natura di Mallorca. Un amor diferente si direbbe qui.
Questo ha distillato Sislej Xhafa (Pejë, 1970) in Blu Blossom, esito di una residenza a Deja durata due mesi. Un’esperienza accompagnata da letture che hanno spaziato dall’attualità a Sant’Agostino alla Yourcenar, con la camera 15 divenuta cella monastica e laboratorio, luogo di ricerca e ascolto della solitudine, varco della relazione e delle interrogazioni sul senso della libertà individuale e collettiva, le strutture sociali, i sistemi complessi che ordinano la vita nell’ecosistema, in definitiva sul dialogo tra natura e cultura.
Il progetto Blu Blossom di Sislej Xhafa
Per questo Blu Blossom è una creatura ibrida e aliena, forma sopravvissuta e avanguardia insieme, processo in divenire. Con la scocca ATM – il Bancomat del circuito internazionale che commuta la dimensione digitale del denaro nella materialità della valuta, icona dello scambio e della possibilità, segno della modernità e del cambiamento – che improvvisamente diviene nido, archetipo del riparo, il più simbolico e commovente dei luoghi. Paradigma di essenzialità, fragilità e resilienza, esposto al vento e alle stagioni, sospeso e sempre appeso, distante ma intimo, approdo di lunghe migrazioni e punto zero di nuove edificazioni. Sislej Xhafa lo ha posizionato nel punto più alto dell’albero più amato dagli uccellini del parco, quello dove ogni giorno all’alba ha ascoltato dibattiti appassionati fatti di cinguettii e amoreggiamenti, ha osservato voli e virate, còlto il respiro comune di creature diverse, intuito i codici di una segreta armonia. Ma la dimensione poetica del volo e della nidificazione nel dialogo col varco ATM – alias di money – trattiene anche lo stridore della metamorfosi, il disequilibrio tra origine e civilizzazione, il peso degli immaginari, l’immanenza del potere – economico, sociale e culturale.
Il progetto Hola, un’opera nell’opera
La radicalità del nido, metafora della dimensione esistenziale, ricorda anche che nulla sfugge al relativismo, alla migrazione dei significati e delle funzioni quando riportano a diverse prospettive d’uso e di scambio. L’aderenza allo spirito del luogo, oltre che allo spirito del tempo, ha avuto un completamento nel progetto Hola, a partire dalle bianchissime lenzuola dell’hotel ormai desuete. Con quelle tessiture che furono nidi temporanei, Sislej Xhafa ha creato 265 quadrati sui quali ha impresso col colore la sua mano nel gesto del saluto: Hola è un’opera nell’opera, un dono a tutte le persone che lavorano là, un gesto di gratitudine che sedimenta relazione, memoria e conoscenza. Poiché ognuno di loro, ogni ospite, ogni creatura che abita l’ecosistema cerca un nido – desiderio radicale che accomuna – il nido del nutrimento e della cura che accoglie la vita comune. Partendo dai soldi si arriva al valore.
Cristiana Colli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati