Il bosco sacro dell’artista Yuval Avital in una mostra a Lecce
La ricerca di questo artista israeliano è basata sulla cultura sacrale primitiva del territorio. In mostra alla Fondazione Biscozzi Rimbaud 90 opere che uniscono musica e arte contemporanea
La riscoperta delle radici archetipiche dell’inconscio collettivo, la riflessione sull’origine mitico-sacrale, sul rapporto uomo-natura e sulla cultura ancestrale dei luoghi, la relazione tra canto sonoro e pluralità dei linguaggi artistici sono al centro della poetica elaborata da Yuval Avital (Gerusalemme, 1977), protagonista della mostra personale Lucus, in corso alla Fondazione Biscozzi Rimbaud a Lecce e a cura di Massimo Guastella.
Il lucus secondo Yuval Avital
La ricerca artistico-antropologica dell’autore e compositore israeliano si basa sulla riconnessione dell’uomo contemporaneo con la dimensione arcaica, primordiale delle diverse culture e attraversa differenti linguaggi espressivi – dalla pittura alla scultura, dalla fotografia al video e alla performance – che si innestano all’opera sonora. Non a caso, per l’articolato progetto espositivo, Avital ha concepito la metafora del lucus, del bosco sacro agli antichi romani, proprio per rappresentare la natura mediterranea dei primordi, e per indicare la necessità di riscoprire la dimensione primitiva e archetipica in una “modernità liquida” omologante, che travolge l’identità individuale e collettiva.
Le maschere sonore di Yuval Avital
La mostra comprende 90 opere – tra lavori recenti e site specific – e si snoda in diverse fasi, corrispondenti a quattro ambientazioni immersive: la prima sala, situata al piano terra della Fondazione, ospita, in un tessuto sonoro costituito da allegri tormentoni estivi anni Sessanta, i “Bagnanti”: quattordici statuine in gesso, fluttuanti come spiriti, accompagnate da una serie di piccoli dipinti su tela e su carta che rappresentano orizzonti marini e figure umane stilizzate. Nella sala successiva l’atmosfera diviene decisamente più inquietante: dodici “maschere sonore” – realizzate in diversi materiali, dal cuoio al metallo, dalla cartapesta alle terre – richiamano suggestioni dell’arte primitiva, e diffondono in contemporanea le voci trasformate di Avital e degli artigiani che le hanno realizzate. Un altro ambiente ospita, poi, un light box della serie “Light recordings n°8 Taidung/32” del 2018 che reca lo scatto notturno di un bosco sacro e le registrazioni delle tradizioni autoctone della popolazione di Taiwan.
Pittura, musica, fotografia nell’opera di Avital
A quest’opera l’autore ha abbinato cinque menhir riprodotti in scala, simboli della sacralità primordiale e della natura primitiva, presente nell’antichità anche nella penisola jonico-salentina. Le architetture monolitiche di Avital reinterpretano, infatti, i menhir delle Vardare di Disio, il menhir Montebianco di Botrugno, quello di Staurotomea a Carpignano Salentino, quello situato nella contrada Madonna di Miggiano e il menhir della Madonna di Costantinopoli, incastonato nella cappella di Morciano di Leuca. La mostra si conclude al piano superiore, dove tre coloratissime sculture sonore della serie “Singing Tubes” dialogano con le opere pittoriche dei maestri del Novecento, appartenenti alla collezione permanente della Fondazione Biscozzi-Rimbaud.
Cecilia Pavone
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