Ithra Art Prize. Il premio del grande centro culturale dell’Arabia Saudita
Il sostegno all'arte e alla creatività va diventando sempre di più lo strumento strategico di elezione per il nuovo sviluppo immaginato dal Regno arabo. Che non scommette più sulle energie fossili ma su quelle umane della creatività
Non si arresta l’onda lunga dell’arte contemporanea in Arabia Saudita e, insieme ai mastodontici progetti di città lineari che nascono da zero, di oasi nel deserto che si trasformano in parchi di Land Art e musei internazionali pronti ad aprire sedi satelliti, si susseguono corposi gli investimenti e le nuove iniziative del Regno per il sostegno e la promozione della cultura e della creatività come volani di sviluppo. In una strategia di revisione globale, decisa e guidata dall’autorità, il Regno arabo tira così dritto sul cammino che entro il 2030 lo vedrà superare la dipendenza dalle fonti di energia fossile, e il legame a doppio filo con quelle, e scommette sulle energie umane. Su un futuro da ridisegnare anche attraverso arte, scienza, cultura, innovazione. Su questa traiettoria si incardina anche uno dei più importanti presidi culturali della regione, Ithra – The King Abdulaziz Center for World Culture, con il suo premio annuale per l’arte contemporanea della regione, l’Ithra Art Prize.
Il premio Ithra per l’arte contemporanea araba
Sorge nel deserto della città saudita di Dhahran Ithra – The King Abdulaziz Center for World Culture, il grande e iconico centro culturale costruito sul progetto dello studio norvegese Snøhetta, che, in una variegata offerta di arte, teatro, cinema, attività educative e una ricca biblioteca, è anche promotore del più importante premio per l’arte contemporanea nella regione, l’Ithra Art Prize. Giunto nel 2023 alla sua quinta edizione, il premio guarda ora già alla nuova in arrivo e si prepara a scrutinare le nuove candidature arrivate tramite l’open call che si chiude proprio in questi giorni, il 7 ottobre, per il 2024, quando si avvierà anche la parternship con AlUla.
Vincitore dell’Ithra Art Prize per il 2023 è stato incoronato l’artista di origini iracheno-finlandesi Adel Abidin, annunciato lo scorso settembre e celebrato con tutti gli onori proprio negli spazi di Ithra, nella cui collezione entrerà la sua opera ON (عن), riflessione contemporanea sulla storia e sulla memoria. Selezionato tra oltre 10,000 candidature da una giuria internazionale, Adel Abidin si è aggiudicato un premio ghiotto di 100 mila dollari.
Lo sviluppo arabo nel segno dell’arte contemporanea
Aperto a tutti i Paesi arabi, l’Ithra Art Prize ha come mission quella di “celebrare e incentivare il panorama creativo in crescita della regione araba”, andando a supportare in modo concreto e incisivo i suoi migliori artisti. Ed è solo uno dei molteplici sentieri aperti nel Regno per costruire un nuovo posizionamento e un nuovo ruolo culturale del mondo arabo. Il contesto non è dei più semplici, con vaste superfici desertiche e aree su cui intervenire da zero (per parlare solo dal punto di vista geografico), pur con l’eredità di una storia millenaria di molti dei nuovi hotspot del Regno. A essere investite dallo slancio di una reimmaginata valorizzazione attraverso iniziative culturali sono, in prima fila, AlUla, oasi nel deserto che punta a porsi come una delle città arabe più attrattive per un turismo in cerca di arte e cultura, e dove arriverà anche una sede distaccata del Centre Pompidou; così come Wadi Al Fann, con la sua futura collezione di Land Art e arte pubblica nel mezzo del deserto. Il fermento è poi evidente anche nell’affollamento di rassegne di respiro internazionale, a cominciare dalla Biennale di Arte Islamica di Jeddah e dalla Biennale d’Arte Contemporanea di Diriyah, a pochi chilometri dalla capitale Riyadh e sede di un sito patrimonio dell’Unesco, che hanno entrambe debuttato nel 2023. E poi c’è di certo la nuova presenza di Ithra e delle sue iniziative.
Un riposizionamento in termini di reputazione e credibilità
A cominciare proprio dalla rilevanza per gli artisti dell’area araba per l’Ithra Art Prize, che per la sesta edizione nel 2024 si avvarrà anche dell’importante collaborazione con Arts AlUla e con la Royal Commission for AlUla. E ha raccolto proposte di interventi di arte pubblica site-specific per AlUla in grado di rileggere lo scenario unico dei luoghi. Il nuovo vincitore sarà poi annunciato a febbraio durante l’Arts AlUla Festival e sarà in mostra nell’oasi per sei mesi prima di confluire nella collezione permanente di Ithra. Con ai vertici delle sue gerarchie tutte giovani donne, e un palinsesto di offerta culturale trasversale, con un occhio di riguardo all’arte contemporanea, Ithra è oggi non solo un potente landmark nel paesaggio, con i corpi architettonici disegnati dallo studio Snøhetta che paiono enormi massi precipitati nel deserto arabo, ma anche una fucina di spettacoli, proiezioni, conferenze, mostre, produzioni, premi e nuove acquisizioni per la collezione, che conta a oggi oltre 1.000 opere, comprese alcune decine di arte ambientale provenienti dalla collezione Panza. Che torna qui con la forza della sua originaria identità e visione culturale e geo-politica insieme, come sottolineava a settembre a Ithra Stefano Rabolli Pansera, che ha seguito a lungo, nel suo lavoro da Hauser & Wirth, e ancora segue l’evoluzione di una delle più straordinarie raccolte italiane. La sostenibilità e l’ambiente, l’interazione tra uomo e natura e la consapevolezza delle criticità a cui andiamo incontro, che erano perfettamente presenti nell’agire collezionistico di Giuseppe Panza, tornano protagoniste ora anche nelle sale di Ithra, dove, anche attraverso una mostra dedicata, Net Zero, si prova a far reagire l’arte contemporanea con i grandi temi del nostro presente e del nostro futuro.
Cristina Masturzo
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