Chi è Massimo Bartolini, l’artista del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2024
A poche ore dalla notizia della nomina del curatore Luca Cerizza, arriva anche il nome dell’artista che rappresenterà l’Italia alla Biennale Arte 2024: ecco chi è Massimo Bartolini
Dopo la notizia della nomina di Luca Cerizza a curatore del Padiglione Italia alla Biennale Arte di Venezia 2024 – giunta ai media in maniera irrituale e anomala, attraverso le dichiarazioni del Sottosegretario Sgarbi e (finora) non attraverso una nota del Ministero –, arriva anche il nome dell’artista che con il suo lavoro animerà gli spazi italiani all’Arsenale: si tratta anche se manca ancora l’ufficialità di Massimo Bartolini, di cui lo scorso maggio si è conclusa una grande mostra al Centro Pecci di Prato, curata proprio da Cerizza. E Cerizza proprio con Bartolini si è presentato al concorso come curatore del Padiglione Italia alla Biennale d’Arte di Venezia 2024.
Massimo Bartolini al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2024
Nato a Cecina in provincia di Livorno nel 1962, Massimo Bartolini si forma all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Fin dagli inizi della carriera, la sua ricerca e la sua pratica sono il risultato di un’indagine che verte sul rapporto tra uomo, natura e spazio architettonico. Quest’ultimo, in particolare, diventa protagonista di interventi in grado di trasformarne la configurazione e quindi il modo in cui viene percepito: il luogo fisico diventa così anche un luogo “altro”, riconducibile a una dimensione di natura intima ed emotiva.
Le mostre di Massimo Bartolini
Tra le personali di Bartolini, ricordiamo quelle tenutesi alla Fondazione Merz di Torino nel 2017, al Museo Marino Marini di Firenze nel 2015, dove l’artista ha dato vita a un dialogo con due maestri del passato legati alla storia del museo, Leon Battista Alberti e Marino Marini, al MART di Rovereto nel 2014, all’Institute of Contemporary Art di Sofia nel 2010, al MAXXI di Roma nel 2008, al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato nel 2003, al Museu Serralves – Museu de Arte Contemporanea di Porto nel 2007. Ha partecipato inoltre a Manifesta 4 (Francoforte, 2002), alla seconda Biennale di Santa Fe (1997), alla Biennale di Venezia nel 2013, 2005 e 1999, alla Triennale di Yokohama nel 2011 e a dOCUMENTA 13 a Kassel nel 2012. Nel 2018, come evento collaterale di Manifesta 12, è a Palermo con Caudu e fridu, opera site specific pensata per Palazzo Oneto (di proprietà di Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona), promossa da Fondazione VOLUME! e curata da Claudia Gioia; e poi, le numerose mostre presso le gallerie private, tra tutte la Massimo De Carlo: tra le più recenti è Horizontal Victory, tenutasi nella sede parigina Pièce Unique nel dicembre 2022.
La critica su Massimo Bartolini
Tra i critici che hanno lavorato con Massimo Bartolini è Laura Cherubini, che nel 2005 ha curato la personale dell’artista alla GAM di Torino; in quella occasione, Cherubini ha così descritto la ricerca e la pratica di Bartolini: “nel lavoro, che gravita intorno al tema antico dell’abitare, di Massimo Bartolini c’è una tradizione di pavimenti mutanti: c’è il pavimento oscillante (1994); quello rotto da due chiavi di violino (1993); c’è il pavimento rialzato che ingloba in sé l’arredo (1993) e quello che semplicemente procura allo spettatore un minimo spiazzamento (soffitto troppo basso, posizione alterata delle finestre, British School, Roma 1997); c’è il Pavimento a occhi chiusi (De Carlo, Milano, 1997), nato dall’idea di camminare sulle palpebre di un gigante, costituite da due veneziane in legno (in un lavoro alla British School le finestre sono gli occhi della stanza); c’è infine il pavimento-molo (Casa del Masaccio, San Giovanni Valdarno 1998) rialzato e impercettibilmente vibrante, proteso verso lo spazio cosmico proiettato da un salvaschermo… Tutta l’opera di Bartolini è permeata da un forte sentimento dell’abitare: le sue stanze con gli angoli arrotondati (dove due frecce-cursori si muovono al ritmo di un assolo di batteria; dove il cielo di un salvaschermo si proietta su un tavolo; dove due finestre si aprono facendo entrare il suono di una radiolina alimentata da pannelli solari) nelle quali si perde il senso dell’orientamento, portano il titolo di Head, testa. Questa analogia è evidenziata in Head n.3 (Library) dove all’ingresso in una biblioteca si accompagna il suono dell’accensione di un computer che comanda la variazione dell’intensità luminosa”.
La mostra di Massimo Bartolini al Centro Pecci di Prato
Conclusasi lo scorso maggio, Hagoromo è il titolo della mostra che ha visto Bartolini protagonista al Centro Pecci di Prato, curata da Luca Cerizza. Un’esposizione che ripercorre i tratti distintivi della sua ricerca artistica, ovvero le dimensioni artistica, narrativa, architettonica e spaziale. Elementi che sicuramente ritroveremo nel suo lavoro pensato per il Padiglione Italia.
Desirée Maida
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