Le pitture surrealiste di Bona de Mandiargues in mostra al Museo Nivola in Sardegna
Il progetto espositivo intende ricostruire il percorso dell’artista (nipote e allieva di Filippo de Pisis), entrando nel suo immaginario. I riferimenti simbolici prendono forma in fantasiosi paesaggi infuocati, opere astratte e collage tessili
Il Museo Nivola di Orani ha sede in un antico lavatoio e prende il nome dall’artista Costantino Nivola, di cui conserva un’ampia collezione di lavori, oltre a 200 opere acquisite attraverso successive donazioni. La scelta iniziale, compiuta dalla vedova dell’artista Ruth Guggenheim, ha privilegiato l’opera scultorea di Nivola e in particolare la fase finale del suo lavoro, caratterizzata da un ritorno alla statuaria e ai materiali nobili. A questo nucleo, si sono poi aggiunti un gruppo di piccole opere in terracotta risalenti agli anni Sessanta e Settanta, alcuni lavori in lamiera ritagliata e modellata degli anni Cinquanta, e le pitture.
Oltre a rendere omaggio all’artista sardo, il museo accoglie anche progetti espositivi esterni come Bona de Mandiargues. Rifare il mondo, la prima grande retrospettiva dell’artista surrealista Bona de Mandiargues (Roma, 1926 – Parigi 2000). La mostra, a cura di Giuliana Altea, Antonella Camarda, Luca Cheri e Caterina Ghisu, ricostruisce l’itinerario dell’artista attraverso 71 opere realizzate tra il 1950 e il 1997, provenienti dalla collezione degli eredi, dall’artista, e da raccolte pubbliche e private, fra cui Fondazione Intesa San Paolo, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara.
Bona de Mandiargues: parola al team curatoriale
“Quella di Bona è una presenza singolare nel panorama artistico del secondo Novecento. Situata culturalmente al crocevia tra Francia e Italia, tra il secondo surrealismo e l’eredità della metafisica (cui si riattacca attraverso la lezione dello zio Filippo De Pisis), la peculiarità delle sue scelte e le svolte repentine che compie durante la sua carriera ne fanno una specie di outsider; e questo nonostante la sua ampia rete di conoscenze e amicizie negli ambienti intellettuali dei due paesi e la stima manifestatale da figure come Ungaretti, Calvino, Francis Ponge, Michaux o Dubuffet. Guardando oggi alla sua opera, così ricca e varia, è impossibile non restare colpiti dall’intreccio di vitalità e inquietudine, ironia e dramma, sensualità e senso della morte che la attraversa. Un miscuglio esplosivo al quale questa mostra ci avvicina per la prima volta.”
Bona de Mandiargues. Rifare il mondo: la mostra al Museo Nivola
Il percorso espositivo si dispiega negli spazi dell’ex lavatoio seguendo le orme che hanno avvicinato l’artista, nipote e allieva di Filippo de Pisis, all’immaginario surrealista. Un susseguirsi di riferimenti simbolici prendono forma nei paesaggi infuocati del 1955 – 56, dove sono evidenti le tracce del suo viaggio nell’Alto Egitto; per poi passare alle opere astratte dalle paste spesse e materiche, quando la suggestione della cultura messicana aggiunge nuovi elementi da elaborare sulla tela. Con l’opera Vague à l’âme (del 1958), invece, si inaugura la serie di collage tessili, dove la sperimentazione tecnica e la ricerca diventano strumenti di un’indagine introspettiva da cui emergono traumi e pulsioni, soprattutto nelle opere: La lezione sessuale del 1962, il Trittico delle Nascite del 1965 e La Diana cacciatrice e cacciatadel 1968.
Dopo il 1968, la tavolozza di Bona de Mandiargues si anima di toni psichedelici, traendo ispirazione dal suo secondo viaggio in Messico. Negli anni Settanta, invece, tracce metafisiche invadono le sue tele, omaggiando de Chirico, Savinio e Magritte. Con il passare del tempo, la maturità dell’artista si esprime con l’approfondimento delle ricerche pregresse, sviluppando sempre di più la presenza dell’immagine – simbolo della lumaca (su cui l’artista si identifica riconoscendosi nella sua figura ambivalente di animale amichevole e ripugnante, fragile e forte), nonché il tema del ritratto (come ad esempio, Omaggio a Unica Zürn,1980) e dell’autoritratto.
Bona de Mandiargues: non solo un’artista ma anche una donna
Bona Tibertelli nasce a Roma nel 1926 e si forma all’Accademia di Belle Arti di Venezia, prima di seguire lo zio a Parigi nel 1947. Qui conosce il critico e scrittore André Pieyre de Mandiargues, una figura fondamentale che la mette in contatto con gli intellettuali e artisti surrealisti dell’epoca, da André Breton a Max Ernst, da Dorothea Tanning a Meret Oppenheim, da Man Ray a Hans Bellmer, da Leonor Fini a Henri Michaux. Nel 1950, Bona Tibertelli sposa de Mandiargues, il quale contribuisce ad orientare gli interessi dell’artista verso i temi del magico, dell’onirico, dell’eros e dell’occulto.
“La mia ricerca è alchemica, voglio fare dell’oro a partire dagli escrementi. (…) Rifaccio il mondo: là sono altrove, vedo le cose da più lontano”. Così parlava l’artista, la cui ricerca nasce dai temi della metamorfosi e del totemismo animale. Infatti, Bona de Mandiargues rifiutava i ruoli di donna – musa e donna – bambina (predominanti nell’ambito surrealista), per prediligere un’immagine più autorevole e autonoma.
Valentina Muzi
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