Autoritratti e omaggi alla storia dell’arte nella pittura di Matteo Fato a Roma e in Abruzzo
Doppia personale per l’artista, che inserisce nel corpus delle opere anche una sezione dedicata all’incisione, in un percorso con le opere dal 2012 fino ai giorni nostri
L’arte di Matteo Fato, seguendo la scia dei grandi maestri, non rimane mai uguale a se stessa ma è in continua evoluzione, come emerge dalle due mostre inaugurate da Monitor Gallery nei suoi spazi di Roma e Pereto in Abruzzo. Due mostre che, pur condividendo il medesimo assunto di Gianni Garrera: La verità è tutto ciò che abbiamo dimenticato, sono molto diverse tra loro. L’immagine precede la Natura? Presso la galleria di Roma, presenta un corpus di opere, datato 2022-23, connotato da un’atmosfera intima, introspettiva, domestica. Quadri che forse proprio per questa dimensione “da camera”, popolata da nature morte e nature nude, come: Il paradiso è guardare per sempre una cosa senza toccarla o Tigra, Fato ha esposto senza le casse o altro apparato installativo, lasciandoli liberi di abitare lo spazio della galleria.
La mostra di Matteo Fato a Pereto
La mostra di Pereto, a Palazzo Maccafani, Gli occhi non sono carne ma stelle, aperta fino al 26, si compone di lavori che vanno dal 2012 al 2023, un’installazione site specific e una sezione dedicata all’incisione, definita dall’artista, che insegna questa disciplina all’accademia di Urbino, un “omaggio alla storia dell’arte” per i soggetti trattati. Si tratta della prima volta in cui le incisioni trovano ampio spazio, mettendo in luce la dimestichezza di Fato con la linea, padroneggiata con disinvoltura, velocità, leggerezza ed eleganza. A proposito della pittura, il percorso mostra come si è evoluto il rapporto dell’artista con il colore che, negli anni ha acquisito una posizione sempre più rilevante. Infatti, se nel Paesaggio lunare dedicato al padre: (Cose Naturali) Giovanni Fato 1979 / Matteo Fato 2012, – esposto qui per la prima volta, il colore convive con il segno; nelle opere più recenti i due medium si fondono diventando un tutt’uno, con una pennellata sicura, pastosa, piena che colora e disegna al tempo stesso. In Fato il colore diventa protagonista al punto di creare la forma anche nella terza dimensione, come In ragione della verità, scultura realizzata tra il 2019 e il 2023 per accumulazione di olio su lino. L’opera, che si compone anche di un plinto specchiato, chiama in causa un elemento installativo ricorrente nella pratica dell’artista: lo specchio, utilizzato per ingaggiare un rapporto dinamico con lo spettatore e spingerlo ad osservare anche i quadri da diversi punti di vista.
Gli autoritratti di Matteo Fato
Da queste considerazioni emerge l’importanza attribuita al gesto artistico, rappresentato nei lavori dedicati alla mano dell’artista. Opere che assurgono ad autoritratti, nella misura in cui, mettendo al centro il collegamento tra azione creativa, sguardo e pensiero, creano una metonimia potentissima, facendo della mano un’estensione dello sguardo e della mente dell’artista, come a riprendere e confermare l’assunto di Giordano Bruno del “pensare per immagini”. La mostra presenta dei Florilegi – termine che indica una raccolta antologica – opere che per Fato: “Sono nature vive che, partendo dall’osservazione del cielo la notte di capodanno, rappresentano una condensazione dei momenti significativi dell’anno appena trascorso.” Come si evince da questo breve excursus, l’attenzione per i titoli costituisce un’altra peculiarità dell’artista che li adopera non tanto come bussola, per offrire al visitatore una chiave di lettura, quanto come naturale parte dell’opera che si manifesta anche attraverso il linguaggio, rivelando così la sua natura di artista colto che riprende la coincidenza, cara a Giordano Bruno, per cui il pittore è anche poeta e filosofo, nella misura in cui con le sue opere offre un’interpretazione del mondo. Infine, la suggestiva cisterna accoglie l’installazione La verità è tutto ciò che abbiamo dimenticato che è costituita da immagini realizzate in periodi diversi e con diversi medium, unite dalla voce di Garrera che, con tono profondo, ipnotico ed avvolgente, enuncia un testo. Secondo l’artista “La cisterna è una raccolta di occhi, indicazioni, sguardi e memoria. Memoria di una non verità perché, in quanto ricordo, solo nel momento in cui si esce si può guardare veramente”.
Ludovica Palmieri
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