Tre mostre da vedere: recensioni da Milano a Mestre fino a Bari
La mostra di Silia Ka Tung da Mimmo Scognamiglio a Milano. La mostra di Gaetano Fanelli al Museo Nuova Era a Bari. E infine la mostra di Meghan Shawnee Littlewood in mostra al LAMB a Mestre
L’artista cinese Silia Ka Tung da Mimmo Scognamiglio a Milano fa rivivere nelle sue opere la scrittura di Lewis Carrol nelle sue opere. Gaetano Fanelli al Museo Nuova Era di Bari recupera l’antica tradizione pugliese dell’olio Lampante in una mostra a cura di Lorenzo Madaro. Meghan Shawnee Littlewood a Mestre si ispira alla grande pittura veneziana. Tre mostre da non perdere, in chiusura all’11 novembre.
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La mostra di Silia Ka Tung da Mimmo Scognamiglio – Milano
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La mostra di Gaetano Fanelli al Museo Nuova Era – Bari
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La mostra di Meghan Shawnee Littlewood in mostra al LAMB – Mestre
Lewis Carrol rivive nelle opere di questa artista cinese. Silia Ka Tung, nata a Xinjiang (Cina); ma attualmente residente a Londra, ha assorbito le suggestioni ambigue della favola delle Meraviglie inglese, per renderle protagoniste della sua arte. Non solo: il suo mondo al di là della realtà richiama le antiche tradizioni cinesi, intrise di un aroma tra il magico e il curativo. Fino ad arrivare a oggi. Agli schermi dei videogiochi, che trasportano negli scenari di Super Mario, o nelle cittadine deliziose di Animal Crossing e del resto della squadra Nintendo. Per questa mostra, la prima della galleria Mimmo Scognamiglio dedicata interamente all’artista, invita i visitatori a conoscere le sue creature. Senza prenderle troppo sul serio, ma lasciandosi guidare dal proprio lato un po’ folle e irrazionale. Nata e cresciuta in una famiglia in cui la medicina cinese tradizionale è ancora tramandata e praticata, Silia Ka Tung conosce bene i poteri delle erbe e dei funghi sul corpo umano. È da qui che parte per creare le sue opere, in cui alterna carta e inchiostro, alle sculture di stoffa imbottita e ricamata. “MINDLESS”. Ricamata su una tenda che fa da sipario di apertura, questa parola accoglie il visitatore. Senza-mente. Così l’artista invita a entrare i visitatori, suggerendo di lasciarsi guidare dalla fantasia. Nel mondo magico che ha costruito non c’è spazio per la logica. È tutto un po’ magia e irrazionale. Cose che non stupirebbero, se contestualizzate all’interno dei videogiochi. Ecco una giraffa di stoffa con le orecchie da cane, la gobba da dromedario, e le abitudini da struzzo narcisista. La si vede protesa verso una pozza a specchio sul pavimento, in cui si ammira, si scontra, o persino tenta di sotterrarsi la testa. Ambigua, giocosa e tenera nello stesso tempo. In un’altra stanza, il mondo cambia, si eleva sopra l’orizzonte. Un pavimento di cuscini di nuvole è pronto a raccogliere quelle che sembrano gocce di pioggia che pendono dal soffitto. Una logica invertita. Un’infinità di manufatti imbottiti tutti dipinti e ricamati uno ad uno. Si conclude con un tuffo in un universo terrestre, che rievoca un sottobosco. C’è qui aria di trovarsi vicini al giardino in cui si tiene il Tè dei Matti. Un girotondo di funghi colorati spunta da una macchia di muschio sul terreno. Viene voglia di raccoglierli, e assaggiarne un pezzetto, sperando che quell’avventura onirica continui anche fuori dalla galleria.
Emma Sedini
L’essenzialità segnica, il rigore di soluzioni formali minimaliste, rese attraverso la peculiarità di una tèchne che sfocia comunque in orizzonti concettuali, gli enigmatici paesaggi scultorei dell’astrattismo geometrico, caratterizzano la ricerca di Gaetano Fanelli. L’artista, di origine pugliese e milanese d’adozione, torna a Bari per presentare “L’eccezione alla regola – Lampante”, la mostra personale in corso al Museo Nuova Era, a cura di Lorenzo Madaro. Nello spazio principale della galleria di Rosemarie Sansonetti, Fanelli – che nella sua città vanta un background caratterizzato da collaborazioni con la storica gallerista Marilena Bonomo, con l’amico Biagio Caldarelli e con il suo ex insegnante Mimmo Conenna – propone un’installazione costituita da lastre triangolari in ardesia, sormontate da un disco nero appeso alla parete che ricorda i disegni di Richard Serra. Le tavole triangolari allestite a coppie, una di fronte all’altra, riportano delle incisioni geometriche in bianco e, ad un primo sguardo, possono apparire uguali tra loro, come fatti in serie, come nelle sculture modulari di Richard Nonas, ma non è così. Le differenze, seppur minime, tra queste costruzioni, testimoniano il principio dell’eccezione alla regola, sul quale gioca Fanelli. Nell’ipogeo della Nuova Era, poi, l’artista ha ricoperto tutte le pareti con 550 moduli di carta bianca da lui realizzata, mentre, sulle pile della stessa carta, campeggia al rovescio la scritta “Lampante”, che richiama l’antica tradizione pugliese del fabbricare e conservare l’olio lampante – l’olio da lampada, appunto – nei frantoi ipogei.
Cecilia Pavone
Ci sono due tipi di pittori: quelli che padroneggiano il nero e il bianco con virtuosismo e quelli che dominano l’arte del verde, diceva David Hockney. In mostra a Mestre, Meghan Shawnee Littlewood fa parte della seconda categoria. La sua padronanza delle sfumature di verde è evidente, con campiture che sembrano non avere confini lungo i bordi delle sue tele, estendendosi all’infinito.
Un colore, il verde familiare a chiunque arrivi a Venezia. In fondo, i veneziani furono i pionieri nell’osare ciò che sembrava impossibile: la mescolanza dei colori con artisti del calibro di Giovanni Bellini e Giorgione; quest’ultimo acclamato come maestro del verde, non solo mescolavano i colori, ma sapevano padroneggiare questa sfumatura sfuggente, capricciosa ed effimera. Allo stesso modo, pittori come Paolo Veronese, Mariano Fortuny e l’uso recente del verde fluo nella Biennale Teatro chiamata “Emerald” continuano a collegare la città di Venezia a questo colore, oltre che al suo complemento cromatico.
La presenza costante degli animali e della natura nell’arte della Littlewood è un altro tema fondamentale: tutto ruota attorno all’essenza incontaminata e all’idea di origine, con lo sguardo rivolto non verso l’Occidente, dove il sole tramonta, ma all’Oriente, dove la luce sorge: il Sol Levante. Dai dipinti di safari selvaggi alle rappresentazioni di personaggi in pose, gesti ed abiti che richiamano l’oriente, emergono chiaramente le influenze e la fascinazione che l’artista nutre per queste terre, anche se non ancora visitata ma già esplorata, studiata e assorbita nella sua arte come un racconto di un viaggio finora solo immaginato.
Nella sua pittura emergono complesse reti di simboli, riflessioni sull’arte e richiami alla natura: il verde, il serpente e la Grande Madre si intrecciano in una narrazione che suggerisce la necessità di ritrovare l’armonia e l’equilibrio attraverso la riscoperta di antiche tradizioni e simboli. Questo riflette le influenze che hanno modellato l’arte e la visione del mondo dell’artista, come un moderno esploratore, la Littlewood ci guida in un viaggio affascinante attraverso la pittura e la simbologia, invitandoci a riflettere su un mondo intriso di significati nascosti.
Francesco Liggieri
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La mostra di Meghan Shawnee Littlewood in mostra al LAMB – Mestre
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