Sabine Moritz: gesto, forma e colore nella mostra a Roma
Allieva e poi compagna di Gerhard Richter, Sabine Moritz parte dal ricordo per realizzare dipinti e disegni di grande potenza formale e cromatica. Alla galleria Gagosian
Trentaquattro lavori per la prima mostra personale in Italia di Sabine Moritz. Nata nel 1969 a Quedlinburg, una cittadina della Germania Est, appena adolescente emigra con la famiglia dall’altra parte del muro di Berlino, destinato a cadere solo qualche anno dopo, nel 1989.
La pittura neoinformale di Sabine Moritz
Il primo ciclo di opere, eseguite nel 1991-92 mentre studia all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, ha come soggetto proprio i difficili e labili ricordi della sua infanzia nel blocco comunista.
“Penso sempre al tempo. Nel mio studio cerco di fermarlo”, dichiara l’artista. Nel suo lavoro ricorrono, infatti, variazioni di un motivo (sia esso un vissuto personale, un’immagine documentale, l’ambiente circostante) come tentativo di trattenere le impressioni prodotte sulla memoria da tempo, e di sorprenderne i mutati significati allegorici. L’artista chiama le sue composizioni “paesaggi psicologici”, “racconti” e “visioni”, e attribuisce loro titoli letterari: da un’incalzante policromia condotta sulla tela con vibrante gestualità neoinformale, mai statica e inerte, emergono simbolismi mitologici e personali; gesto e colore producono sulle superfici di grande formato esplosioni incendiarie, che ne estendono il confine e la potenza emanando energia e calore nelle quali, al tempo stesso, è possibile leggere ritmo, forma, profondità.
Le opere di Sabine Moritz da Gagosian
In mostra da Gagosian, un corpus di trentaquattro lavori di Sabine Moritz tra disegni, opere su carta e dipinti di grande formato documenta l’evoluzione più recente di questo esperimento sull’elaborazione dei ricordi. La strumentazione è quella di un espressionismo tedesco (dalle avanguardie storiche all’eclettismo formale di Gerhard Richter, suo docente Düsseldorf e poi compagno di vita) che tipicamente tende a una trasfigurazione soggettiva del reale. In questo modo, vengono esplorate anche le possibilità narrative dell’astrattismo, in un dosato equilibrio tra il simbolo e la sua enunciazione.
Mariasole Garacci
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