A Berlino una mostra sugli orrori della guerra tra passato e presente
Nella capitale tedesca, una mostra collettiva in due sedi offre nuove prospettive sui temi della sofferenza e della perdita, attraverso le opere di artisti di differenti generazioni
In un universo mediatico popolato da immagini violente, difficile da navigare con lucidità e senso critico, è sempre più arduo affrancarsi da una rappresentazione bidimensionale e superficiale del conflitto. Per queste ragioni, rimane importante continuare a esplorare narrazioni ed espressioni culturali inconsuete, in grado di portare informazioni poco note e complesse all’interno della sfera pubblica. La mostra The Assault of the Present on the Rest of the Time, Artistic Testimonies of War and Repression, curata da Katya Inozemtseva presso lo Schinkel Pavillon e il Brücke -Museum di Berlino, rappresenta in questo senso un’occasione per ampliare l’orizzonte espressivo entro cui elaborare una conoscenza più profonda degli orrori della guerra e della violenza di stato. Ispirandosi all’omonimo film del noto regista tedesco Alexander Kluge (Halberstadt, 1932), essa si offre soprattutto come spazio di convergenza tra luoghi e tempi lontani per ricercarne corrispondenze, attivando tra loro un dialogo capace di mettere in discussione la linearità del tempo nell’esperienza soggettiva del conflitto.
Schinkel Pavillon e Brücke-Museum: una storia intrecciata
Il punto di partenza per questo progetto è proprio la storia di prevaricazione che ha accomunato la nascita e l’evoluzione delle due istituzioni che ospitano la mostra. Lo Schinkel Pavillon è situato all’interno del Kronprinzenpalais, di fatto la prima istituzione d’arte contemporanea al mondo a esporre, nel 1919, dipinti espressionisti, tra cui quadri di Ernst L. Kirchner (1880-1938) e Karl Schmidt-Rottluff (1884-1976). Quando Hitler salì al potere, molti di questi furono sequestrati, altri del gruppo espressionista Die Brücke addirittura distrutti o esposti nella mostra Arte degenerata del 1937: si trattò di un attacco sistematico all’arte modernista e ai suoi protagonisti, alcuni dei quali morirono nei campi di sterminio. Il Brücke-Museum, inaugurato nel 1967, nacque così dalla volontà di Schmidt-Rottluff di onorare questa associazione di artisti rivoluzionari le cui opere erano state per troppo tempo estromesse dagli spazi culturali. Secondo Inozemtseva, lo scoppio della guerra in Ucraina ha contribuito ad attualizzare nuovamente la loro esperienza di vita, in quanto testimonianza di una realtà sociale e politica che continua a materializzarsi nel presente. Ed è proprio questa disamina del concetto di testimonianza, dell’opera d’arte come documento e viceversa, a diventare il perno attorno al quale ruotano le opere dei 25 artisti selezionati, nonché l’elemento che consente di avvicinare poetiche apparentemente molto distanti tra loro.
La mostra allo Schinkel Pavillon e al Brücke-Museum sui traumi della guerra
Il percorso espositivo, articolato nelle due sedi, combina progetti e lavori molto diversi nei fini e nei linguaggi che utilizzano: le pagine di The Arab Apocalypse di Etel Adnan (Beirut, 1925 – Parigi, 2021) scritte allo scoppio della guerra civile libanese si trovano a dialogare con il video di Lawrence Abu Hamdan (Amman, 1985) The Diary of a Sky sulla violenza atmosferica che interessa i cieli di Beirut; le sculture dalle forme quasi astratte di Simone Fattal (Damasco, 1942), che evocano l’orrore della distruzione e dell’abisso, si stagliano sull’arazzo monumentale di Johanna Schutz-Wolff (Germania, 1896-1965), mentre ci si muove tra le ricostruzioni digitali di Drone Strike in Mir Ali di Forensic Architecture al Brücke-Museum e il toccante Self Portrait in Profile di Käthe Kollwitzk (Königsberg, 1867 – Moritzburg, 1945). L’ossessione per la documentazione di se stessi e delle persone amate, così carica di empatia e cara ad artisti degli anni Trenta come Lea Grundig (Dresda, 1906 – Mar Mediterraneo, 1977) e Leo Breuer (Bonn, 1893 – 1975), si affianca senza difficoltà ad approcci molto più concettuali e critici, come nel caso dell’installazione multimediale Subtext di Sung Tieu (Hai Duong, 1987) sul potere oppressivo degli spazi giuridici e burocratici. La sensazione è quella di oscillare tra una realtà fattuale, brutale, e un non-spazio poetico e intimo, dove poter trovare conforto. Molti artisti, allora come oggi, hanno di fatto mutato radicalmente il loro linguaggio per avvicinarsi nuovamente a un immaginario simbolico, allegorico, quasi metafisico: è il caso dei paesaggi dipinti da Hannah Höch (Gotha, 1889 – Berlino Ovest, 1978) Simbolic Landscape III e Mountain Landscape. La forza di The Assault of the Present on the Rest of the Time sta nella sua polifonia, capace di mettere a fuoco percorsi e affinità inedite tra passato e presente, tracciati non con l’intento di riconciliarci con gli eventi controversi e traumatici della guerra, ma di dare un diverso valore e statuto alla sofferenza e alla perdita.
Ilaria Bonvicini
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