Un’opera dell’artista Gian Maria Tosatti entra nella collezione di Capodimonte a Napoli
È la sala 82 della Reggia di Capodimonte ad accogliere in modo permanente l’installazione ambientale che Tosatti ha dedicato nel 2017 alla scrittrice napoletana Anna Maria Ortese, per sancirne il riscatto dall’oblio
A Napoli, Gian Maria Tosatti (Roma, 1980) ha scelto di vivere. E la città ricambia la stima. Nel 2017, l’artista romano presentava per la prima volta alla Galleria Lia Rumma l’installazione inedita Damasa, in uno spazio che non prevedeva finestre – dettaglio, questo, non secondario, come si capirà a breve – “chiuso, intimo, spirituale”, ricorda Tosatti. Oggi, con il sostegno del PAC 2022-2023 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, l’opera entra nella collezione del Museo Capodimonte, per interessamento del direttore Sylvain Bellenger, che cura personalmente il progetto di allestimento permanente di Damasa, nella sala 82 della Reggia (dedicata negli ultimi otto anni al ciclo di mostre Incontri sensibili).
Gian Maria Tosatti e Anna Maria Ortese Capodimonte
A Tosatti, dunque, a partire dal 2 dicembre 2023, Capodimonte dedica un passaggio che arricchisce e diversifica il percorso di visita all’interno del museo, riconoscimento importante al lavoro dell’artista, che a propria volta ha deciso di intitolare la “sua” sala ad Anna Maria Ortese (Roma, 1914 – Rapallo, 1998), la principale autrice del Novecento letterario partenopeo. Proprio dall’idea di evocare la “casa dell’anima” della scrittrice – spazio reale e visionario insieme – era nata nel ’17 l’installazione ambientale Damasa, il cui nome recupera quello di uno dei suoi personaggi, alter-ego di Ortese nel romanzo sperimentale Il porto di Toledo. Portare l’opera a Capodimonte, quindi, rappresenta anche una sorta di riscatto per l’autrice, morta in solitudine a centinaia di chilometri di distanza dalla sua Napoli; e in questo contesto non è casuale la scelta di una sala affacciata verso il porto (nella zona dove l’autrice ha vissuto, prima dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale), al secondo piano dell’edificio, comunque in continuità con la sezione di Arte Contemporanea del museo, che si incontra lungo il percorso espositivo dedicato al Seicento.
Nella collocazione definitiva di Damasa, dunque, entra in gioco una finestra, elemento niente affatto accessorio: “La richiesta di acquisizione da parte del museo è stata accompagnata dalla proposta di una sala in cui collocarla. E la prima cosa che il direttore Sylvain Bellenger mi disse, per parlarmene, fu che la stanza aveva una meravigliosa finestra affacciata sul porto. Ritengo questo il suo prezioso contributo curatoriale” sottolinea Tosatti “Le opere, come gli uomini e le donne, hanno delle storie; e, negli anni, imparano a cambiare. La finestra diventa oggi un elemento nodale e poetico dell’opera. Ormai indissolubile da essa. Con l’installazione del 2017 – che il museo aveva deciso di acquisire – restituivamo la Ortese a Napoli, dopo settant’anni di esilio. Con quella del 2023 – che abbiamo installato – restituiamo Napoli alla Ortese. E, forse, facciamo qualcosa di anche più profondo. Le ultime parole della scrittrice, mentre moriva all’ospedale di Rapallo, sono state: ‘Quanto è distante il mare? Mi piacerebbe vederlo per l’ultima volta’”. E alla soddisfazione per aver chiuso un cerchio, si aggiunge l’emozione di entrare a far parte della collezione permanente di Capodimonte: “È un grande onore quello che il Museo di Capodimonte mi fa dedicando permanentemente una intera sala a una mia opera. Forse eccessivo. Trovo il coraggio di accoglierlo solo perché mi pare di condividerlo con Anna Maria Ortese”.
L’installazione Damasa di Gian Maria Tosatti
Damasa vuole riprodurre uno spazio domestico, unacamera dove sono accumulati cenere e giornali bruciati, su un vecchio pavimento; nello spazio si dispongono alcuni mobili, un letto, un tavolo e una sedia, che “espongono” un processo di trasformazione in atto: il legno, le lenzuola e un pezzo di pane mutano la loro sostanza in onice bianco, materia che Tosatti ha spesso usato come analogia dell’anima. Nella composizione si intrecciano così elementi biografici dell’artista e di Ortese; ma anche chi entra nello spazio è chiamato a interagirci, proiettandovi qualcosa di sé. “Le nostre storie non hanno tempo e si ripetono all’infinito” spiega Tosatti “Così è per la Ortese. Damasa è lei o sarà domani una delle nostre figlie. D’altra parte neppure Napoli è cambiata dal 1953”. Nel ’53, Anna Maria Ortese lasciava la città per sempre: nello stesso anno pubblicava Il mare non bagna Napoli, il suo libro più famoso, cui affidava la sua disillusione verso la scena letteraria partenopea che le costò l’emarginazione dall’ambiente culturale cittadino. E quando nel 1975 l’autrice pubblicò Il porto di Toledo, il libro fu boicottato e non recensito, guardato con sospetto, nonostante l’indubbia qualità dell’opera.
Per rinsaldare l’omaggio alla scrittrice, in occasione della presentazione di Damasa a Capodimonte, sono esposte all’ingresso della sala 82 le scultureLevriera che allatta i cagnolini(1839) eGesù Nazareno(ante 1857), legate alla produzione dello scultore Giuseppe Vaccà, nonno materno di Ortese. D’ora in avanti, spiega Bellenger, “la sala 82 prenderà il nome di stanza di Damasa. Un giusto riconoscimento che Tosatti ci offre per la grande artista che Napoli ha incantato e annientato”.
Livia Montagnoli
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