Le energie incrociate di Federica Perazzoli e Daniele Innamorato in mostra a Milano
Due modi opposti di intendere la pittura quelli di Daniele Innamorato e Federica Perazzoli. Eppure le loro opere sono ricche di rimandi e dialogano negli spazi della galleria Viasaterna
Federica Perazzoli (Sorengo, 1966) e Daniele Innamorato (Milano, 1969), noti anche per aver fondato il collettivo KINGS, sono di scena alla galleria Viasaterna con una doppia personale in cui presentano, ciascuno per proprio conto, la loro più recente ricerca pittorica, in un serrato duetto tutto giocato su un intreccio di contrapposti stilistici e ammiccamenti. Sala dopo sala, infatti, i lavori dei due dialogano dando luogo a un’intrigante dinamica di energie incrociate.
La pittura di Innamorato e Perazzoli in mostra a Milano
Innamorato, che nei confronti della pittura professa una posizione violentemente antiaccademica, ha alle spalle decenni di sperimentazioni, una pratica fatta di manipolazioni e di aggressioni, di massaggi e sfregi sul corpo della pittura: dipingere per lui significa spalmare, velare, comprimere, grattare, esercitare una pressione, orientare un fascio di linee di forza; sembra quasi significare uno scontro fisico, in un continuo originarsi di rughe, cicatrici, scarificazioni. Sono attriti epidermici, azioni e pressioni che si esercitano sulla superficie della tela, che finiscono per piagare e increspare la pelle della pittura.
Rispetto all’arcigna vibratilità dei lavori di Daniele Innamorato, i dipinti di Federica Perazzoli si distinguono per un respiro molto più dilatato e riposato. Di fronte alle pirotecnie istologiche della pratica del primo, la pittura della seconda si caratterizza per gli strascichi e le velature di una geologia vaporosa, da cui emerge un paesaggio di morbidi scoscendimenti, che evoca suggestioni simboliste. Quindi, se la materia cromatica dell’uno si diffrange secondo tettoniche accelerate e come scombinate da sotterranee correnti magnetiche che risalgono in superficie originando un’epidermide di smagliature o un’intavolatura di cortecce desquamate, le evanescenti coloriture dell’altra danno luogo a radure cromatiche, ad ampie campiture che si aprono di regola fra due dirupi laterali, come se lo spazio svaporasse in ampi valloni inclusi tra precipizi felpati, lungo i quali vediamo profilarsi e mimetizzarsi delle figurine femminili, eteree ninfe quasi esalanti da un sottofondo arcadico e mitologico.
La mostra di Daniele Innamorato e Federica Perazzoli da Viasaterna
Così, per fare solo un esempio, se in Untitled 572 (2023) di Innamorato vediamo un fitto incrocio di increspature e raspature telluriche per cui la superficie sembra quasi sbriciolarsi, e in My Inner Self (2023) di Perazzoli ci viene aperto uno slargo d’aria colorata entro un vellutato crepaccio dalle sponde bombate, non possiamo non riscontrare in entrambi i lavori le stesse dominanti rosate e turchesi: attraverso tutte le sale della galleria lo spettatore resta avvolto da un alone di sinergie che tutte le opere esposte intrecciano tra loro. Questo discorso si può dire che valga per tutto il percorso della mostra, come se i due artisti, che da lungo tempo condividono gli stessi spazi di lavoro, pur differenziandosi e quasi contrapponendosi per quanto riguarda le modalità di esecuzione pittorica, si sentissero di volta in volta sintonizzati su un unico canale di empatia cromatica.
Alberto Mugnaini
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