Ranjani Shettar porta i suoi fiori evanescenti al Barbican Conservatory di Londra
L'apprezzata scultrice indiana, alla sua prima mostra istituzionale in Europa, ha realizzato cinque cluster di sculture site specific in un giardino d'inverno di oltre 2mila metri quadri. Nel cuore della City
Sono visioni leggere e immaginifiche le sculture dell’artista indiana Ranjani Shettar (Bangalore, 1977) che hanno invaso il verdeggiante Barbican Conservatory di Londra. Le opere sono sospese in questo giardino d’inverno tropicale, che germoglia a sorpresa in mezzo a un complesso durissimo e brutalista nel cuore della City, in occasione della mostra Cloud Songs on the Horizon. Questi cinque agglomerati di sculture simil-floreali, ciascuna modellata in acciaio inossidabile e ricoperta di mussola traslucida, sembrano librarsi dentro e al di sopra del lussureggiante scenario. Alcune laccate, altre tinte con radice di robbia o succo di melograno, queste opere (che hanno l’appropriato nome di Moon Dancers) vanno a rendere l’ambiente sognante e accogliente, con note a tratti elementali e grezze.
Ranjani Shettar al Barbican Conservatory di Londra
La mostra visitabile fino a marzo 2024 – il cui misterioso nome non è mai stato spiegato da Shettar per non influenzare le interpretazioni personali – è la prima pensata appositamente per il labirintico Barbican Conservatory, uno spazio con 1500 piante tropicali ospitato nell’enorme complesso residenziale brutalista del Barbican Estate (che include anche un famoso centro di arti performative). Voluta dal direttore artistico del Barbican Shanay Jhaveri, questa è anche la prima grande mostra istituzionale europea per Shettar, i cui lavori minimalisti sono già stati esposti al Metropolitan Museum of Art, al MoMa, al San Francisco Museum of Modern Art e alla Biennale di Sharjah. Realizzata in soli sei mesi, la mostra è stata una sfida per Shettar: “sono venuta al Barbican a dicembre per dare un’occhiata al sito, poi sono tornata a lavorare nel mio studio in India”, ha commentato l’artista ad ArtNews. “Ma la luce continuava a cambiare con il tempo, le piante continuavano a crescere, l’ambiente circostante continuava a muoversi. Ho dovuto progettare per un luogo in continua evoluzione”. Ciò che ne emerge è un lavoro gioioso: una consolazione, a detta dell’artista, per questi tempi duri.
Chi è l’artista Ranjani Shettar
Originaria della metropoli tecnologicadi Bangalore, Shettar ha studiato scultura al College of Fine Art Karnataka Chitrakala Parishath e all’Institute of Advanced Studies Karnataka Chitrakala Parishath, allontanandosi presto dal modello classico e figurativo che le veniva proposto. Lasciata la grande città insieme al marito e scultore Srinivas Prasad, Shettar si è trasferita in una cittadina rurale nello stato meridionale del Karnataka, circondata dalla catena montuosa dei Ghati occidentali. È da questo ambiente che l’artista ha mutuato il proprio interesse per un’arte organica, legata al mondo naturale e influenzata dall’artigianato locale, da cui deriva anche l’uso di colori e materiali come il tamarindo, l’indaco, la lacca, la cera d’api e il legno di teak di recupero, poi uniti a quelli industriali. Le opere che ne emergono, fortemente orientate all’estetica, sono oggi molto popolari e apprezzate, e Shettar è supportata da istituzioni come il Kiran Nadar Museum of Art, principale museo privato dell’India e recentemente oggetto di polemiche per aver realizzato una mostra che mettesse in buona luce il partito dominante indiano, il BPJ di Narendra Modi, in un momento di grande tensione legata all’estremismo indù. “Non voglio che la mia arte sia predicatrice”, ha commentato Shettar. “Deve essere estetica sopra ogni altra cosa. Non sto cercando di usare la mia arte per informare o educare: lavoro innanzitutto per compiacere me stessa”.
Giulia Giaume
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