Il paesaggio come energia universale nella pittura di Cy Gavin. La mostra a Roma
L’artista statunitense è protagonista alla Galleria Gagosian con la sua prima mostra italiana. Opere inedite che descrivono una pittura di paesaggio non convenzionale, nel balletto tra natura e antropizzazione
Osservare la natura per arrivare al cuore dell’umanità. Rappresentando la connessione profonda degli esseri umani con la realtà che li circonda; con la terra, innanzitutto. È dunque corretto definire Cy Gavin (Pittsburgh, 1985) un pittore di paesaggio, però senza confinarlo all’accezione più canonica del genere. New Paintings è la prima mostra personale dell’artista americano in Italia, ospite a Roma, negli spazi di Gagosian. La mostra arriva nella Capitale dopo il debutto di Gavin nella sede newyorkese della galleria, lo scorso inverno, accolto positivamente da critica e pubblico, nell’anno in cui il pittore ha anche ricevuto il Joyce Alexander Wein Artist Prize dallo Studio Museum of Harlem.
La pittura di paesaggio di Cy Gavin
Gran parte del suo lavoro – apprezzabile in grandi tele dipinte per macchie di colore e pennellate capaci di definire le forme con pochi tratti essenziali – è stato ispirato negli ultimi anni dai paesaggi della Hudson River Valley, fuori New York, dove l’artista si è “ritirato” nel 2020, desideroso di recuperare quel rapporto di intimità con il mondo naturale che si traduce in rappresentazioni non convenzionali del paesaggio, concentrate sul trasmettere l’energia di una connessione universale e atemporale (sia essa espressione di rinascita o decadenza, amore o caos), più che sul definire panorami immediatamente riconducibili a un luogo definito. Osservando i quadri monumentali di Cy Gavin si è invitati a perdersi nel macro e nel micro, a vivere e sperimentare la forza che ci attrae verso la natura, non senza riflettere sullo stato attuale delle cose, e sui rischi indotti dal cambiamento climatico. Così si può leggere Untitled (Blue-green algae), che dall’osservare il riflesso degli alberi sulla superficie di uno stagno si spinge sotto la superficie dell’acqua, per rappresentare l’ammasso di alghe che crescono rigogliose, fino a diventare tossiche e aggressive per il loro ecosistema (dopate dai fertilizzanti scaricati in acqua e dall’aumento delle temperature).
La mostra di Cy Gavin da Gagosian a Roma
L’elemento della natura che invade gli spazi – a cominciare da quelli urbani e antropizzati – del resto, ricorre con frequenza nei dipinti di Gavin. In preparazione della mostra romana (le opere esposte sono state tutte realizzate nel 2023), l’artista ha speso del tempo in città; e la monumentale Untitled (Wall of the Tiber) illustra uno dei caratteristici muraglioni in pietra che costeggiano il Tevere, con piante in fiore che si insinuano tra i blocchi della struttura muraria. Principio analogo ispira Untitled (Roadside with chicory and wild carrot) con le erbe spontanee facilmente riconducibili a latitudini romane, che spuntano floride e sgargianti dal ciglio di una strada asfaltata. È la storia di una coesistenza che si esprime per contrasti e simbiosi, tradotti in pittura attraverso la contrapposizione di colori e la modulazione oculata delle forme: l’albero blu che campeggia come un solido atterrato sulla terra da un altro universo in Untitled (Pollarded mulberry tree) è costretto dal perimetro del marciapiede che ne ingabbia le radici, i rami potati senza troppa premura. In questo gioco che alterna l’attenzione ai dettagli minuti all’aspirazione per l’universale c’è spazio anche per guardare al cosmo: Untitled (Binary stars) rappresenta un paesaggio interstellare, mettendo in scena un balletto cosmico tra due stelle legate l’una all’orbita dell’altra.
Livia Montagnoli
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