“Ho visto il buio e ho scelto la luce”. Intervista alla fotografa Newsha Tavakolian
Per Fotosintesi, la rubrica dedicata al cambiamento dell’immagine della donna attraverso la fotografia, incontriamo la fotografa iraniana Newsha Tavakolian: con lei parliamo di donne, diritti e libertà, in occasione della sua mostra al Mudec di Milano
L’artista iraniana Newsha Tavakolian è nata nel 1981 a Teheran (città in cui vive tuttora) e fotografa dall’età di sedici anni. In Italia è appena stata nominata vincitrice del Deloitte Photo Grant 2023 e il suo lavoro è visibile al Mudec di Milano nella mostra And They Laughed at Me, una retrospettiva a cura di Denis Curti che attraversa vent’anni di immagini dal suo archivio.
Il suo percorso umano, personale e artistico è indissolubilmente legato all’essere donna in un paese silenziato e oppresso, all’impossibilità di raccontare e insieme all’urgenza e alla necessità di farlo. La storia di Tavakolian, migliore fotografa insieme a Sarah Moon per Artribune nel best of 2023, potrebbe essere quella di tante giovani fotografe emergenti negli ultimi vent’anni, eppure è completamente diversa: inizia a fotografare giovanissima, in modo amatoriale, registrando la vita che scorre intorno a sé: ci sono i vicini di casa, le gite con gli amici sul mar Caspio, i compagni di università, una coppia innamorata. Ma per lei che è una giovane donna in Iran, è tutto diverso: c’è il sangue sui muri, i caffè chiusi, le ambulanze e i feriti durante le proteste studentesche, le telecamere di sicurezza, i piccioni morti nella redazione perquisita dalla polizia morale. La fotografia diventa un gesto necessario per raccontare: Tavakolian usa la macchina fotografica per resistere dove la libertà viene negata, la sua è una lotta per continuare a vedere e farci vedere, testimoniare ciò che viene sottratto, proibito, tolto. All’Occidente libero e democratico, la sua visione lucida impone una nuova consapevolezza: quella di mantenere sempre uno sguardo vigile sulla realtà che ci circonda, perché, mi dice, “non bisogna mai dare per scontato ciò che si ha”.
Le fotografie di Newsha Tavakolian
Quando, vent’anni dopo da artista affermata, mette mano al suo archivio e alla sua memoria, ci consegna immagini tranciate, persone senza volto, inquadrature basse, sfocate, fotografie ‘sbagliate’: è una scelta consapevole, sono le vite delle persone in Iran, private di diritti e di libertà, private di qualsiasi giustizia, a partire da quella dello sguardo. In alcuni casi interviene direttamente sulle immagini cancellando i volti, come nel ritratto della giornalista di Teheran o del gruppo di studentesse che protestano, fino al gesto reiterato cui sottopone il volto della ragazza con la rosa, simbolo di una speranza femminile in un Iran riformista che viene aggredita e cancellata in ogni possibile modo. In questa spirale di visioni che procedono per frammenti tutto sembra precipitare: la morte del padre di Newsha si intreccia alla delusione per la vita in Iran segnando un nuovo punto di non ritorno. Eppure, resta, nitida, una mongolfiera rossa che si libera nell’azzurro del cielo, la luna di notte vista dalla finestra della camera da letto dei suoi genitori, lo sguardo indomito di un falco selvatico che fa ritorno più volte al suo balcone: tracce di un desiderio di libertà e di una determinazione che non viene mai meno. L’ultima stanza è inondata di luce, perché – dice l’artista – “ho visto il buio e ho scelto la luce”. Più volte nel corso della nostra conversazione parlerà con fiducia del risveglio femminile, di attenzione, dell’importanza di impegnarsi in ciò che si fa: perché c’è un orizzonte luminoso nel futuro, realizzarlo dipende dalle scelte di ognuno di noi.
Intervista a Newsha Tavakolian
Come donna cos’è per te la libertà oggi, in Iran e in Occidente?
Penso che le donne in Iran stiano diventando sempre più coscienti. In Occidente penso sia molto importante che le donne non diano per scontati i diritti conquistati con sforzo dalle madri e dalle nonne. È come un vetro che in ogni momento si può rompere: vediamo quello che sta succedendo intorno a noi in alcune parti degli Stati Uniti o in Polonia per esempio, dove è stata cambiata la legge sull’aborto. Essendo sposata ad un olandese, mi rendo conto che in Occidente le generazioni di donne che ci hanno preceduto hanno lottato per i loro diritti e le giovani donne oggi devono essere molto consapevoli di quello che hanno: bisogna prendersi cura dei diritti e della libertà perché ciò di cui non ci si cura può esserci facilmente portato via.
Cosa pensi del futuro?
C’è un risveglio femminile in Iran e per questo non vedo oscurità. Vedo un futuro luminoso per l’Iran. Ma è un processo lento e credo che ognuno dovrebbe svolgere il proprio compito nel modo migliore. Pe esempio, io sono un’artista e dovrei diventare una brava artista, dovrei essere consapevole, cosciente di ciò che mi circonda, sensibile. È importante anche essere critici con sé stessi: siamo onesti o no? Se sei un autista, guida bene, se sei un insegnante, sii un insegnante appassionato. Sii bravo in quello che fai. Non dare sempre la tua opinione su tutto, a volte stai in silenzio e rifletti. Tutto questo fa parte dell’essere consapevoli e di questo risveglio femminile: è importante che tutti noi lo seguiamo. Alla fine della mostra c’è il buio e la luce e io ho scelto la luce, così come molte persone stanno facendo in Iran. Molte donne, e non solo donne, anche uomini, oggi sono più fiduciosi che mai, per via di questa nuova consapevolezza. È quando sei insensibile, quando sei come una marionetta, che dovresti preoccuparti. Ora le cose stanno cambiando.
Come donna e artista, cos’è per te la bellezza?
Credo che la mia opinione sulla bellezza sia cambiata nel tempo. È liberatorio invecchiare perché credo che molte donne, come quelle della mia età, debbano conquistare fiducia in sé stesse. La bellezza viene da dentro, non ha nulla a che fare con l’aspetto esteriore: chi sei dentro come donna ti dà forza e ti rende bella. Nel 2014 un famoso marchio di cosmetici mi ha ingaggiato per andare a Parigi a fare dei ritratti e delle interviste alle donne per scoprire cosa fosse la bellezza per loro. È stata un’esperienza che mi ha cambiato la vita, perché mi sono resa conto che le donne che si sentivano belle erano in effetti quelle che avevano fiducia in loro stesse e si accettavano per ciò che erano. Certamente devi prenderti cura di te stessa perché se ti ami, ti prendi cura di te. La bellezza è sentirsi felici dentro e la felicità non si realizza da un giorno all’altro: è un percorso di consapevolezza di sé. Posso dare l’esempio della fotografia della ragazza con la rosa, che è una metafora: viene strappata, ma si ricompone, va avanti e alla fine si trasforma in astrazione e luce.
Emilia Jacobacci
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati