L’emigrazione in poesia. Runo Lagomarsino in mostra a Milano 

Grandi installazioni, disegni parietali e ricordi di famiglia compongono la mostra di Runo Lagomarsino alla Galleria Francesca Minini a Lambrate. Una selezione di opere che indagano il tema del confine

Un’installazione realizzata con dissuasori per piccioni occupa la prima stanza della Galleria Francesca Minini. Recita la frase “The age of exile”. Sulle mura corrono i segni a matita di un planisfero che ha perso le linee curve, mostrando gli ingombri dei paesi senza nome che ne compongono lo scenario e scardinando la centralità iconografica dell’Europa.  
La poetica di Runo Lagomarsino (Lund, 1977) dà corpo a opere e installazioni che non sono mai fredde, ma conservano il calore emanato da ciò che si mostra insidioso e affascinante allo stesso tempo. Realizzate con oggetti triviali – come i souvenir dei paesi attraversati dalla famiglia Lagomarsino, emigrata in Europa dall’Argentina – gli oggetti che le compongono si nobilitano in forme nuove ed enigmatiche che delimitano confini e prendendo in prestito narrazioni dalla propria storia familiare.  

La mostra di Runo Lagomarsino a Milano 

Nelle vicende della famiglia Lagomarsino – in una storia che si dipana di opera in opera – si percepiscono l’attaccamento alla terra d’origine che mette radici anche in chi non è ancora nato, il timore di non riuscire ad ambientarsi nel nuovo territorio di cui non si conoscono che poche parole, la persistente domanda di chi o cosa ti sta spingendo lontano dalla tua terra: sensazioni che contraddistinguono la condizione degli esiliati di ogni latitudine ed epoca. Lo storytelling creato in seno alla mostra è sostenuto dal testo che la accompagna, a firma di Jacopo Crivelli Visconti, che crea un poetico paragone tra i migranti e gli uccelli che vengono spesso cacciati dalle città perché visti come invasori dello spazio pubblico.   
I Paesi sono fatti di limiti, ma i limiti messi in scena dalle opere di Runo Lagomarsino non sono mai sbarramenti, si possono oltrepassare; travalicando il loro mondo si entra nella dimensione degli interrogativi: siamo al di qua o al di là del limite? A quale mondo sentiamo di appartenere? A quello in cui abitiamo o a quello che nostro malgrado ci ha costretti a emigrare? I contorni dell’America Latina divengono un’ombra rossa vagamente percepibile, stampata in sunprint su uno sfondo fotosensibile che man mano potrà perdere definizione, fino a quando la terra si perderà nella memoria della sua forma.   

Martina Lolli 



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Martina Lolli

Martina Lolli

Curatrice e giornalista freelance nei settori di arte e musica. Dopo aver frequentato “La Sapienza” e l’Accademia di Brera (comunicazione e didattica per l'arte contemporanea) conclude la formazione con il corso per curatori CAMPO 14 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.…

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