Le mele filosofiche di Pietro Fortuna in mostra a Roma
Una fila di mele verdi di plastica figura al centro della scena. Che cosa significheranno? Sono l’inizio della riflessione dell’artista sulla realtà delle cose
Scultura, grafica, fotografia, concettuale. Difficile definire con un’unica parola l’arte di Pietro Fortuna (Padova, 1950), che, in effetti, con l’ultima mostra in corso a Roma, Se una mela pesa così, quanto pesano due mele?, pare voglia mettere in discussione il concetto stesso di linguaggio. Nel testo a corredo dell’esposizione è l’autore stesso a ricordare che: “le cose permangono nel loro essere, rendendo vana la nostra pretesa di poterle afferrare dando loro un nome”. Al di là di ogni astrazione, di cui il linguaggio non è altro che la più consueta delle manifestazioni, l’esposizione di Fortuna si focalizza sul concetto di realtà, di concretezza.
La realtà che appare nelle opere di Pietro Fortuna
Con le sue opere, a partire dall’installazione con le mele, l’artista non vuole rappresentare nulla al di fuori di ciò che appare. A limite, intende mettere in crisi il concetto di realtà come sinonimo di verità; per cui, nella sua visione, le mele in PVC, sono reali e autentiche come quelle colte da un albero, in quanto occupano fisicamente un volume nello spazio. In altre parole, Fortuna conduce una riflessione filosofica sulla realtà, secondo una visione che si potrebbe definire parmenidea, per cui ciò che è, è; e ciò che non è, non è. Di conseguenza, ciò che è, indipendentemente dalla sua natura – mela in PVC, mela in mela – è e basta, perché non conta l’essenza della mela ma la sua presenza. Mettendo sullo stesso piano l’immagine percepita e ciò che è reale, Fortuna crea una coincidenza tra arte e realtà, elevando l’artista stesso a creatore e demiurgo.
La mostra di Pietro Fortuna a Roma
Il percorso espositivo si compone di un corpus di opere eterogeneo che, fatta eccezione per l’installazione principale, risalgono agli ultimi 5 anni di ricerca dell’artista. Sin dall’ingresso, si crea un cortocircuito intellettuale con: Rue Van Schoor (2022) che, pur essendo una fotografia, ha poco di reale in quanto frutto di un lavoro di composizione di due immagini.
Nella sala successiva, la riflessione continua con 5 coppie di disegni gemelli; che, a differenza di quanto si potrebbe supporre, pur essendo inevitabilmente legati, non sono l’uno la copia dell’altro ma due opere indipendenti, originali e autonome, create contemporaneamente dall’artista ambidestro. La climax tocca il culmine nell’ultima sala che accanto all’installazione realistica Se una mela pesa così, quanto pesano due mele? presenta opere in cui l’elemento astratto costituisce paradossalmente l’unico aspetto di realtà, dal momento che le immagini ivi riprodotte non sono reali ma solo un riflesso/ricordo della realtà.
Parafrasando ancora il testo: “Abbandonando ogni pretesa narrativa e simbolica – l’arte – si affranca da quel mandato finalistico e produttivistico – per abbracciare – una dimensione che si rivolge allo splendore della Vita che si mostra nella gioia della sua immanenza, nel corso del suo impenetrabile e infinitamente intelligente processo”.
La riflessione filosofica di Pietro Fortuna in mostra a Roma
Quando, nel collage Senza Titolo (2019), Fortuna esprime lo stesso concetto con quattro parole diverse, ragiona proprio sulla distanza che il linguaggio a volte pone tra essere umano e realtà. Come se, l’artista, lungi dal trovare delle risposte, volesse dire che è inutile porsi troppe domande e che l’ideale è prendere il mondo per quello che è, cogliere il momento, a partire dalla concretezza di cose e immagini.
Tutta la mostra ha sicuramente un forte carattere ontologico, nella misura in cui riflette sul concetto di realtà. Tuttavia, nello stesso tempo, ha un valore estremamente attuale, dal momento che, in un mondo popolato da un numero crescente di immagini false, realizzate con l’intelligenza artificiale, invita i visitatori ad acuire il proprio spirito critico attraverso l’arte (una sorta di fuoco nella caverna platonico) per discernere i sempre più labili e sfumati confini tra realtà, verità e finzione.
Ludovica Palmieri
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