Parlare di colonialismo. Santiago Sierra in mostra a Milano
Un video caleidoscopico evoca le violenze coloniali e lo squilibrio di potere, corredato dagli scatti di una grande performance parigina. Segnando il ritorno di un artista controverso, a cui sembra mancare un tassello...
Una massa informe, inquietante, apparentemente muta. I visitatori della Prometeo Gallery Ida Pisani di Milano sono accolti da grandi scatti bicromi che ritraggono 275 metri cubi di fango riversati su un pubblico di fashion addict. Al piano ipogeo, fa loro il paio (e li supera) un ipnotico filmato girato in Gambia nel 2023, che ogni 30 minuti ripete un loop audio con le gravi parole pronunciate dall’Alto rappresentante dell’UE Josep Borrell nel 2022. Che suonano così: “L’Europa è un giardino. Abbiamo costruito un giardino. Il resto del mondo, la maggior parte del resto del mondo, è una giungla e la giungla potrebbe invadere il giardino e i giardinieri dovrebbero prendersene cura. La giungla ha una forte capacità di crescita e il muro non sarà mai abbastanza alto per proteggere il giardino. I giardinieri devono andare alla giungla”.
Questa la speculare scenografia che prende possesso della galleria a due passi da Lambrate per la personale di Santiago Sierra (Madrid, 1966) LA VORÁGINE, che include le ultime opere dell’artista partendo da due esplorazioni complementari, Los Embarrados (2022) e The Maelström (2023). Riportando l’attenzione sulla violenza e lo sfruttamento coloniali sottesi e funzionali al benessere del cosiddetto primo mondo e sulla disarmante prospettiva occidentale, europea e americana, al riguardo.
La critica al capitalismo di Santiago Sierra
“L’Europa è macellaia, e serva dell’America. Queste persone che scappano dai conflitti, verso di noi, non sono volute e gli viene detto in tutti i modi. A Madrid ho visto un graffito che riassumeva la cosa perfettamente, diceva: “Dai una mano, fatti male da solo”, spiega Sierra, che ha definito il proprio video come un mal viaje, cioè la crisi paranoica da psichedelici meglio nota come bad trip. La critica dell’Europa e delle sue politiche non è nuova: è del 2019 il fantoccio gigante del Re di Spagna, presentato alla fiera Arco e destinato al falò.
Visitabile dal 19 gennaio all’8 marzo 2024, la mostra prende le mosse dall’installazione di Sierra del 2005 House in Mud, realizzata per la prima volta alla Kestnergesellschaft di Hannover e ripresa nel 2022 a Parigi in proporzioni monumentali, con il nome di Los Embarrados. Un palcoscenico paludoso e in disfacimento, rivolto a spettatori d’élite nel mezzo di una sfilata come commento radicale sui diritti dei lavoratori. Un commento che raggiunge il proprio culmine nel caleidoscopico video – tecnicamente ineccepibile – presentato a Milano, in cui giovani calciatori gambiani senza volto coreografano incessantemente delle posizioni di arresto di polizia mentre la voce narrante distorce, smonta e rimonta le parole di Borrell. “L’antagonismo di Sierra non sta nel creare un contraltare a qualcosa o nell’attenuare quello che ci sta di fronte ma nel portarlo alle estreme conseguenze fino a renderlo ‘osceno’, senza più soluzioni pacificatrici e senza una possibile giustificazione. È chiaro che in questo atteggiamento non c’è nessun idealismo di stampo umanista, ma solo la colpevolizzazione di una barbarie capitalista a cui né il campo dell’arte né l’artista possono sottrarsi“, ricorda Marco Scotini nel testo critico.
L’artista spagnolo Santiago Sierra in mostra a Milano
Unico problema della mostra iper tecnica, è che la non-lezione dell’artista, nella sua disarmante ma necessaria denuncia, non si fa occasione di vero risveglio, perché non coinvolge i colonizzati in questo processo di critica: “Non ho avuto bisogno di parlare con loro: capisco le loro lotte, e le interpreto personalmente”. Sierra rivendica così, intervistato da Artibune, una propria visione, un punto di vista complesso e controverso da portatore, com’è, di molteplici privilegi: l’essere maschio, bianco ed europeo, cosa che lo porta ad avere una piattaforma. Echeggia qui la polemica del 2020 sulla Union Flag dello stesso Sierra, l’opera per cui ha intriso una bandiera britannica di sangue nativo aborigeno. Una critica alla violenza rifiutata però dai nativi stessi, non consultati nel processo decisionale, cosa che ha portato al ritiro dell’opera dalla relativa mostra in Tasmania. Per dirlo con le parole della scrittrice, professoressa e femminista afroamericana Audre Lorde in Sister Outsider: “Perché gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone. Potrebbero permetterci di batterlo temporaneamente al suo stesso gioco, ma non ci permetteranno mai di realizzare un vero cambiamento”.
Giulia Giaume
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