A Roma la mostra di un giovane artista e il suo omaggio ad uno storico artista
L’artista Alessandro di Pietro propone un distopico omaggio a Paul Thek, stravagante e tormentato artista americano scomparso negli Anni ’80. In mostra alla Fondazione Del Roscio
![A Roma la mostra di un giovane artista e il suo omaggio ad uno storico artista](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro-BABY-CAST-Attributed-to-Attributed-to-Paul-Thek-and-Mario-Schifano-1975-1024x683.jpg)
Michele Mari, nella sua opera I demoni e la pasta sfoglia, sottolinea come per alcuni artisti l’ossessione rappresenti non solo il tema principale delle proprie opere, ma anche la fonte primaria d’ispirazione. È il caso di Paul Thek (1933-1988), di cui l’artista Alessandro di Pietro (Messina, 1987) si appropria, immaginando cosa egli avrebbe potuto produrre se fosse stato ancora in vita. Un fantasmatico progetto sostenuto dell’Italian Council a cura di Peter Benson Miller e Cornelia Mattiacci.
![Alessandro Di Pietro, FLX Recorder, Screen Pavillon 2023](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro-FLX-Recorder-Screen-Pavillon-2023--768x482.jpg)
![Alessandro Di Pietro, BABY CAST, (Attributed to Attributed to Paul Thek and Mario Schifano, 1975)](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro-BABY-CAST-Attributed-to-Attributed-to-Paul-Thek-and-Mario-Schifano-1975-768x512.jpg)
![Alessandro Di Pietro, BR’ER RABBIT, (Attributed to Paul Thek, 1998)](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro-BRER-RABBIT-Attributed-to-Paul-Thek-1998-768x512.jpg)
![Alessandro Di Pietro FLX Recorder Screen Pavillon 2023 1 A Roma la mostra di un giovane artista e il suo omaggio ad uno storico artista](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro-FLX-Recorder-Screen-Pavillon-2023-1-768x959.jpg)
![Alessandro Di Pietro, FLX Recorder, Screen Pavillon 2023](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro-FLX-Recorder-Screen-Pavillon-2023-768x1024.jpg)
![Alessandro Di Pietro, PREHISTORYBOARD 2, 2020, Alluminio](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro-PREHISTORYBOARD-2-2020-Alluminiojpg-768x512.jpg)
![Alessandro Di Pietro, RACE OF A HIPPIE, 2023, Digital Video](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro-RACE-OF-A-HIPPIE-2023-Digital-Video--768x512.jpg)
![Alessandro Di Pietro2023. Photo Riccardo Banfi A Roma la mostra di un giovane artista e il suo omaggio ad uno storico artista](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro2023.-Photo-Riccardo-Banfi--768x1151.jpeg)
![Alessandro Di Pietro,2023. Photo Riccardo Banfi](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro2023.-Photo-Riccardo-Banfi-768x960.jpg)
Chi è Paul Thek
Ghostwriting Paul Thek: Time Capsules and Reliquaries è il titolo della mostra. Cinque installazioni, un dipinto e un’opera video disegnano una manovra ardita che fa i conti con le dinamiche dell’appropriazione e della fiction nella quale Alessandro Di Pietro si pone come ghostwriter non interpellato. Entro una micro-epopea dove a restare protagonista è un defunto.
“L’eterogeneità della ricerca dell’artista americano ha contribuito ad arricchire l’alfabeto del linguaggio contemporaneo dell’arte. Un dato che si registra chiaramente negli esiti “formali” di artisti anche appartenenti alle ultime generazioni; attraverso questo progetto ho provato a restituire a Thek qualcosa che gli appartiene”, commenta Di Pietro, sognando che fra trecento anni le proprie opere siano attribuite al collega americano. Ma cosa della mostra appartiene davvero a Paul Thek? Si tratta di un gioco che apre molte finestre a proposito di sovversione, intersoggettività, transfert, riproducibilità.
![Alessandro Di Pietro, BR’ER RABBIT, (Attributed to Paul Thek, 1998)](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2024/02/Alessandro-Di-Pietro-BRER-RABBIT-Attributed-to-Paul-Thek-1998.jpg)
L’interpretazione secondo Paul Thek
Chi non conosce Paul Thek non può comprendere nulla. A meno di non concedersi alle varie pratiche di decostruzione critica che spostando l’attenzione sull’irriducibilità dell’opera, la trasformano in puro stimolo per la deriva interpretativa. D’altronde già a partire dal Rinascimento, nel clima dell’ermetismo neoplatonico, si cercò di definire un’opera d’arte come potenzialmente aperta a tutte le interpretazioni possibili.
E fu proprio Paul Thek, re del camp e del macabro, a dire: “sono contrario all’interpretazione”, ispirando il saggio dell’amica Susan Sontag: Against Interpretation (1966).
Tuttavia, a chi invece conosce le stravaganze dell’americano scomparso prematuramente a causa dell’AIDS, l’esposizione potrebbe apparire come una cassa di risonanza, ludicamente lugubre, con effetto di normalizzazione e di appiattimento.
Francesca de Paolis
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