Unicità e moltitudine nelle opere di Allan McCollum a Milano
Seicento sessanta disegni in una sola stanza: simili tra loro, ma non ce n’è uno uguale all’altro. Ed è solo un piccolo assaggio dell’intera collezione che gioca sul paradosso di una produzione unica, ma seriale
“Credo che la bellezza possa essere contemplata anche nella moltitudine”. È con questo spirito che Allan McCollum (Los Angeles, 1944) invita ad accostarsi alle sue opere. L’artista, ormai ottantenne, porta in Italia alcune delle sue celebri collezioni seriali – i Drawings – con una mostra che celebra il suo ruolo centrale nella storia dell’arte contemporanea americana. Seicento sessanta esemplari, simili tra loro, ma ciascuno unico e inimitabile, che concretizzano la sua riflessione critica sulla dicotomia tra individuo e massa. Un lavoro cominciato negli anni Ottanta, e continuamente approfondito, che dà valore a ciò che appare seriale, invitando chi osserva a trovare l’unicità in una cultura, come quella Occidentale, che tende a privilegiare la visione di massa e di categorie a quella dei singoli.
Il rapporto tra individualità e massa secondo Allan McCollum
Tutto nasce dalla constatazione di come le categorie e i gruppi non siano altro che concetti mentali. Pensare per “classi”, e attribuire a ciascuna determinate caratteristiche, è tipico della società contemporanea: tutte le persone sono solitamente inserite – o lo decidono loro stesse – in famiglie e categorie. Professioni, generi, nazionalità… tutte categorizzazioni che, riflettendoci, esistono solo in astratto.
Allo stesso tempo, accanto alle masse ricorre l’idea di individuo. L’uomo moderno è dunque in tensione tra il singolo e il molteplice, tra l’uno e il gruppo. È da queste riflessioni, che Allan McCollum ha costruito le sue collezioni. Serie di esemplari ripetitivi, ma unici, che danno a ciascun pezzo valore in quanto elemento di una moltitudine.
La mostra di Allan McCollum alla Galleria Fumagalli di Milano
La Collection scelta per la mostra alla Galleria Fumagalli di Milano è parte di un progetto cominciato nel 1988, e protrattosi a lungo. Questi pezzi specifici risalgono all’inizio degli anni Novanta. Trenta, sessanta, o novanta: le tre cifre scelte per il numero di pezzi che compone ogni collezione. Se non ci si crede, basta contare le cornici raccolte in gruppi sulle pareti e sui tavoli della sala.
La metodicità seriale è rispettata da McCollum in molti aspetti, ma non tutti. Da una parte ci sono i multipli numerici, le combinazioni di forme attentamente schedate per evitare eventuali ripetizioni; dall’altra c’è sempre una certa unicità. La si riscopre nelle forme nere, tracciate a matita grassa nera su carta, e in tutto l’allestimento. Ogni nuova mostra, un’altrettanto nuova disposizione, studiata di proposito per lo spazio della galleria. Così, le Collection di disegni apparentemente standardizzate, diventano materia fertile con cui creare un’opera site-specific. Come commenta l’artista “l’opera non è il singolo disegno, ma la collezione”. E per collezione si intendono i singoli pezzi, modellati in una disposizione inedita e su misura. Per apprezzarla, bisogna guardare al complesso. Ed è egli stesso a confermarlo: “Quando si parla di arte, di solito, non si pensa alle quantità. Io invece mi sono interessato proprio a queste quantità”.
L’araldica e gli stencil nei disegni di Allan McCollum
Pur premettendo che ogni osservatore vedrà nei Drawings di McCollum un richiamo a un oggetto diverso, qualche linea guida interpretativa la si può dare. A partire dal processo curioso con cui sono ottenuti. Tutto discende da stencil di plastica – accoppiati tra loro sopra e sotto – che creano il contorno da dare alla forma. Una sorta di cornice, ovviamente unica, che deriva dall’accostamento tra due metà. Con l’accortezza di non ripetere mai la combinazione. Una volta stabilita la forma, ci penserà la matita nera a farla emergere sulla carta.
Per quel che riguarda l’origine del contorno da dare, l’artista è stato influenzato – come lo si sente spesso ripetere – dalla tradizione delle casate nobiliari tipiche delle società del passato. Una peculiarità sconosciuta negli Stati Uniti. “Quando sono arrivato in Europa, ho scoperto l’araldica. Si tratta di simboli che fanno sentire le persone parte di un gruppo”. Il fascino dell’artista per stemmi e pittogrammi legati a gruppi e famiglie è indiscutibile. È un modo eloquente di assegnare profondi significati agli oggetti. Tuttavia, l’araldica ha un difetto: mira a dare un simbolo a caste e, ancora, a categorie. “Allora ho pensato: perché non dare a ciascun individuo un simbolo?”. E così è nato il progetto dei Drawings, che utopicamente aspira a donare un pezzo unico e distintivo a ciascuno di quegli otto miliardi di uomini e donne che popolano la terra oggi.
Emma Sedini
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