Antonio Ligabue e Giuseppe Pende: due outsider in mostra a Fermo
Il Palazzo dei Priori di Fermo accoglie la doppia personale dedicata ad Antonio Ligabue e a Giuseppe Pende. Due artisti che scelsero la natura, voltando le spalle al sistema
Due mostre diverse tra loro, eppure per certi versi complementari, al punto da sembrare l’una il proseguo dell’altra. Siamo al Palazzo dei Priori di Fermo, nel cuore dell’entroterra marchigiano. Situata tra le colline che costeggiano il fiume Tenna, sulla cima del monte Sàbulo, la città ha saputo affrancarsi negli anni dal suo passato medievale, offrendo un programma espositivo orientato al contemporaneo: prova ne sono le recenti rassegne espositive sui “pittori della realtà” e Vedovamazzei; eventi che, se seppur in molti casi non hanno brillato per ricerca e intraprendenza in termini curatoriali, hanno per lo meno contribuito a conferire una nuova anima culturale al luogo, garantendogli le giuste attenzioni degli appassionati.
Due mostre al Palazzo dei Priori a Fermo
A confermare questa direzione è, appunto, la doppia rassegna espositiva da qualche settimana visitabile negli spazi del centralissimo Palazzo dei Priori. A curarle – ancora una volta – è Vittorio Sgarbi, che negli ultimi anni ha dimostrato di avere una particolare affinità con il territorio marchigiano, e più in generale con gli amministratori di queste terre belle e dannate.
Visitabili fino al prossimo 5 maggio, ed entrambe racchiuse nel più ampio progetto Fermo. Il tempo delle mostre, le due rassegne accendono i riflettori su due artisti diversi nella forma ma affini nel modo in cui (seppur per ragioni differenti) si posero nei confronti del sistema dell’arte con ostilità, incongruenza, rigetto.
La pittura ferina di Antonio Ligabue
Primo ospite del Palazzo dei Priori è Antonio Ligabue, l’artista italiano “outsider” per definizione. Curata dallo stesso Sgarbi, in collaborazione con Marzio Dall’Acqua, Spiriti selvaggi. Antonio Ligabue e l’eterna caccia è una finestra sulla produzione del geniale e tormentato pittore naïf, sondandone la carriera e i soggetti principali toccati nei suoi quarant’anni di attività.
Distribuita su un unico piano e suddivisa in sezioni tematiche, con un allestimento fitto di opere e fin troppo lineare, la mostra raccoglie oltre quaranta dipinti, di cui due inediti. Si tratta di lavori nei quali la condizione fragile dell’artista emerge vivida, a partire dai soggetti raffigurati, che sono soprattutto belve feroci in lotta per la sopravvivenza: quella dipinta da Ligabue è una vera e propria giungla che il pittore immagina con allucinata fantasia fra i boschi del Po.
“Ligabue dopo e oltre la leggenda oggi rappresenta una natura in tutta la sua complessità”, scrive Marzio Dall’Acqua. “Il mondo di Ligabue è tra il presente e lo sparire del passato. Intuiva la lotta per la vita come momento fondante dell’esserci e dell’essere, nell’inquietante rapporto totale, definitivo, di sospensione tra vita e morte”. Densa e rivelatoria è inoltre la sezione dedicata ai ritratti e agli autoritratti: dopo le scene di campagna, le lotte tra bestie nella giunga, e le urla delle tigri raffigurate sulla tela come una liberazione, la galleria di volti umani appare straniante eppure in continuità. Nei visi di uomini e donne, e nel suo stesso volto riflesso allo specchio, Ligabue si chiede e ci chiede qualcosa.
La mostra su Giuseppe Pende
Varcata la soglia di uscita del percorso dedicato a Ligabue, ad accogliere il pubblico è la mostra dedicata a Giuseppe Pende, dal titolo Realtà, sogno e visione. Si tratta in questo caso di un lodevole progetto di riscoperta di un autore altrimenti ignoto ai più. Pugliese di nascita e fermano di adozione, l’artista è qui raccontato dallo stesso Sgarbi (unico curatore e autore dei testi critici), abile nello sfruttare l’effetto mainstream della mostra su Ligabue per far conoscere al pubblico la produzione di un artista che in vita si è sottratto volutamente al sistema, candendo di conseguenza nell’oblio. L’operazione è riuscita; la scoperta piacevole.
Pittore di nature morte, ritratti, scorci urbani e paesaggi ora reali ora fittizi, sempre bucolici, Pende conduce lo spettatore in un’atmosfera da sogno. Il percorso espositivo al Palazzo dei Priori, con dipinti selezionati dal 1930 al 2000, potrebbe sembrare a colpo d’occhio più una collettiva che una piccola selezione di opere di un unico artista, tanto diversi sono i soggetti e gli stili con i quali vengono affrontati. Il minimo comune denominatore fra questi sembra la natura (la stessa già osservata in Ligabue), scelta dall’artista, che volta le spalle al sistema per rifugiarsi tra le campagne delle Marche interne.
Le parole di Vittorio Sgarbi
“A distanza di quaranta anni dalla sua unica mostra personale in vita, torna al Palazzo dei Priori Giuseppe Pende, pittore dal personalissimo sentire, per essere al contempo scienziato e poeta della realtà e dell’immaginario sulla tela”, scrive Vittorio Sgarbi. “Sceglie di tenersi lontano da mostre, dalle grandi piazze artistiche e dal mercato dell’arte di cui non condivide i meccanismi in atto alla sua epoca, ben consapevole della formula unica e irripetibile per la sua felicità che non contempla la necessità della fama o del denaro, ma altri nutrimenti per la mente, il corpo e l’anima. Il dipinto è per Giuseppe Pende il luogo dove riversare i suoi ricordi, la sua gioia di vivere, le sue speranze e tutto il suo amore per la bellezza del creato”.Alex Urso
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