Come sarà il Padiglione Italia di Massimo Bartolini alla Biennale Arte 2024 di Venezia

“Due qui/ To Hear”: questo è il titolo del Padiglione Italia alla 60esima Biennale Arte di Venezia. Al Ministero della Cultura la presentazione del progetto realizzato da Massimo Bartolini con la curatela di Luca Cerizza, inno all’ascolto per sentire sé e l’altro

Luca Cerizza e Massimo Bartolini, rispettivamente curatore e artista designati per animare gli spazi italiani all’Arsenale, in occasione della 60esima edizione della Biennale d’Arte di Venezia, non sono nuovi a collaborare. Nella primavera 2023, il primo – critico e storico dell’arte milanese, classe 1969, già curatore nel 2017 della Biennale di Pune in India, di molte mostre e convegni – ha curato la personale dell’artista livornese (Cecina, 1962) allestita al Centro Pecci di Prato, Hagoromo, esposizione che teneva insieme le diverse dimensioni (artistica, narrativa, architettonica e spaziale) della ricerca di Bartolini. Una pluralità e complementarità di stimoli che in molti, alla vigilia della Biennale che aprirà il prossimo 20 aprile in Laguna, si aspettano di ritrovare nel Padiglione Italia, che beneficerà anche di contributi appositamente ideati da musiciste e musicisti, scrittrici e scrittori. Il progetto è stato sostenuto dal Ministero della Cultura con 800mila euro, cui si aggiungono i 400mila complessivi raccolti dagli sponsor. Non si tratta ormai di cifre all’altezza per operazioni così complesse.

Luca Cerizza e Massimo Bartolini © Matteo de Mayda
Luca Cerizza e Massimo Bartolini © Matteo de Mayda

Il Padiglione Italia di Massimo Bartolini: inno all’ascolto con “Due qui/To Hear”

Al curatore, per la prima volta nella storia della Biennale d’Arte selezionato tramite un bando pubblico promosso dal MiC, il compito di spiegare come si è lavorato in questi mesi, in sinergia con il nuovo Direttore generale Creatività Contemporanea Angelo Piero Cappello, all’ideazione del progetto, che nuovamente, dopo l’esperienza del 2022 con Gian Maria Tosatti, presenterà un solo artista (scelta non esente da critiche, capofila l’ex sottosegretario Vittorio Sgarbi). Si tratta, però, di “un progetto che ha natura collaborativa, con polifonia di voci e relazioni, di provenienze ed età diverse” sottolinea Cerizza “Il lavoro di Massimo accoglie altri artisti nel senso più alto del termine, quindi si tratta anche di un padiglione collettivo, che aderisce al concetto di jam session”.
Due qui/To Hear è il titolo del Padiglione: un inganno fonetico che gioca sull’assonanza tra “Two Here” (due qui) e “To Hear” (sentire), con una traduzione volutamente sbagliata, che vuole indurre a riflettere sulla “natura relazionale del suono”. “Ci si incontra per ascoltarsi e per ascoltare l’altro”: ecco perché “prestare ascolto” può rivelarsi uno strumento per diventare migliori, in linea con l’idea di Massimo Bartolini, che interpreta l’arte come un percorso di conoscenza e da decenni indaga il rapporto tra relazione a suono. “Un’idea di ascolto che è fisica, ma anche metaforica, per l’ascolto aperto di se stessi, dell’altro, ma anche dell’elemento naturale e della macchina”, continua il curatore “L’attenzione al paradigma acustico è qualcosa che negli ultimi anni ha riscosso grande interesse nel mondo dell’arte: Massimo Bartolini percorre questo elemento dalla fine degli anni Ottanta. Vogliamo lasciare anche un po’ di sorpresa, per non rompere il piacere della visita di un progetto dal forte carattere esperienziale”.
Nel Padiglione convivranno opere scultoree, installative, sonore e performative, con il visitatore invitato ad accedere in tre spazi modellati su diverse esperienze acustiche e luoghi di incontro, in un alternarsi di pieni e vuoti, movimenti e soste. Senza una precisa indicazione di inizio e fine: “Utilizzeremo le due grandi tese, ma anche lo spazio del giardino. Il percorso è volutamente non lineare, ma anzi circolare: si potrà accedere dalla tesa, ma anche dal giardino”, spiega Cerizza.

Massimo Bartolini, Bodhisattva che pensa su La, matita su carta, 2024
Massimo Bartolini, Bodhisattva che pensa su La, matita su carta, 2024

Lo spazio, le opere e le collaborazioni del Padiglione Italia

Si è scelto di preservare, nell’allestimento spaziale, l’essenza più nuda delle tese, “non aggiungendo muri o display, per far risuonare questi spazi di grande fascino della relazione con le opere che li abiteranno. Non c’è volontà di musealizzare lo spazio, anche per motivi economici e di sostenibilità: tutti i materiali sono realizzati in sito e possono essere riutilizzati”. Nella realizzazione delle tre grandi installazioni che caratterizzano i diversi spazi, sono stati coinvolti: per il giardino, il musicista inglese Gavin Bryars (1943), che ha lavorato a un nuovo componimento per musicare una poesia dell’argentino Roberto Juarroz (1925- 1955), in cui si immagina di essere un albero, immobile e radicato al terreno, ma capace di ascoltare l’ambiente in modo più sensibile; per lo spazio centrale – una grande installazione ambientale attraversabile dai visitatori, modellata sull’esempio di una grande architettura barocca, in cui ci si muove alla ricerca di un equilibrio e di un centro, attraverso la musica – le giovani compositrici Caterina Barbieri e Kali Malone, con un componimento inedito.
La terza installazione, l’unica figurativa dell’intero progetto, è frutto della rielaborazione dell’iconografia tradizionale del Bodhisattva buddhista, realizzata da Bartolini: un simbolo di immobilità apparente, che in verità invita a una relazione più profonda con l’ambiente e con l’altro. “L’impegno che ho messo nel configurare il progetto è votato alla massima astrazione, per far sì che la materia più solida si incontri con la materia più sottile del suono” evidenzia Bartolini “Il Bodhisattva è centrale, perché indica un atteggiamento che ben si adatta al progetto. Si tratta di un illuminato che rinuncia all’illuminazione, fermandosi per aiutare gli altri: per me l’aspetto cruciale è che non fa nulla di agito, ma pensa. La sua storia è una storia interna. Spero che chiunque possa capirla, come spero che il progetto si presti a una visione collettiva, come a un approccio individuale. Mi piacerebbe che per cinque minuti chi entra nel Padiglione riesca a stare in silenzio. Qui si dà supremazia all’ascolto, più che al visivo, perché il primo è sensibile a tutto ciò che sta intorno, il secondo solo a ciò che sta di fronte. L’ascolto eccede alla dialettica che ci ha portato fin qui: ora è il momento di emanciparsi e implementarla. Spero che una goccia di meraviglia possa passare a tutti coloro che entreranno nel Padiglione”. Chiosa su questa idea il Presidente uscente della Biennale, Roberto Cicutto, parlando di “un’opera intensa ma di minimo ingombro, immersa nel pieno totale della musica”.

Il public program “If Only We Had Ears”

Il progetto espositivo sarà accompagnato da un public program curato da Luca Cerizza in collaborazione con Gaia Martino, che avrà il compito di amplificare “la prospettiva umana, sociale, spirituale ed ecologica” messa in scena nel padiglione: If Only We Had Ears dà il nome al palinsesto, traendo spunto da una frase di John Cage (“Music is everywhere, if we only had ears”); chiara la ricorrenza del tema dell’ascolto, sempre inteso come metafora di relazione e comprensione di sé e dell’altro.
Il programma si articolerà da maggio a settembre, per quattro doppie giornate (venerdì e sabato), in quattro temi (Politica dell’ascolto, Meditazione – In azione, Fiducia nello sfondo, Fai per me), tra conferenze, interviste, performance musicali, laboratori, negli spazi del Giardino delle Vergini, con la partecipazione di ospiti in arrivo da tutta Italia. Ma interagirà anche con l’opera/performance Audience for a Tree, ideata da Bartolini come spazio temporaneo per portare le persone, interrate per i piedi intorno a un albero, a diventare “architettura provvisoria”, in una sorta di teatro effimero. Un progetto sonoro sarà nel Parco di Villa Furstenberg a Mestre, dal titolo Ballad for Ten Trees, con il coinvolgimento di dieci sassofonisti.

Livia Montagnoli

http://duequi-tohear.it/

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