Il programma 2024 di Collection Pinault a Venezia: Arte Povera, Pierre Huyghe, Bruce Naumann
L’impero Pinault, tra arte moda e finanza, lancia un anno di iniziative in tutto il mondo, tra Parigi e Venezia, fino a Hong Kong, dall’Arte Povera a Pierre Huyghe a Punta della Dogana
Per il debutto del prossimo 20 marzo Jean Marie Gallais, curatore di Collection Pinault, sta preparando un omaggio alle passioni sviluppate lungo mezzo secolo dal multimiliardario francese François Pinault, il demiurgo della straordinaria raccolta di contemporanei che porta il suo nome. Maurizio Cattelan, Peter Doig, Fischli & Weiss, Simon Hantaï, Anne Imhof, Martin Kippenberger, Toba Khedoori, Jeff Koons, Agnes Martin, Blinky Palermo, Sigmar Polke, Bridget Riley, Sturtevant, Rosemarie Trockel, Luc Tuymans, Franz West e Christopher Wool: saranno le opere di questi super artisti ad essere allineate alla Boursen du Commerce (sfarzosa cattedrale parigina dell’arte contemporanea, ristrutturata da Tadao Ando nel 2021) per farne il museo di famiglia dei Pinault. Vertiges metterà alla prova la capacità dello spettatore di mantenersi in equilibrio di fronte a sovversioni di ogni genere. La Rotonda, il piano terra, il primo e il secondo piano, gli spazi interstiziali e gli ambienti sotterranei: ogni volume dell’edificio sarà utilizzato per mostrare come questi artisti “figli di Saturno” osservino malinconicamente il mondo che li circonda.
Le mitologie americane della Collezione Pinault
Vertiges succede a un ciclo di cinque personali che hanno scavalcato il 2023 per concludersi nel febbraio 2024. American Mythologies (questo il titolo generale) comprendeva oltre a una vasta personale dedicata a Mike Kelley, quelle più raccolte ma non meno potenti di Lee Lozano, Mira Schor e Ser Serpas. Nelle vetrine della Rotonda con L’origine delle cose Edith Dekyndt inoltre dava prova delle sue straordinarie capacità performative. Nel 2024 immediatamente dopo Vertiges la Bourse ospiterà Arte povera curata da Carolyn Christov-Bakargiev. Importanti opere provenienti dalla Collection Pinault, saranno allineate a prestiti provenienti dal Castello di Rivoli e altre collezioni private e pubbliche francesi e italiane, che comprendono anche quelle degli artisti che diedero vita al movimento.
Oltre che sulla Bourse di Parigi le iniziative di Pinault Collection per il 2024 faranno perno su Punta della Dogana, Palazzo Grassi e il suo Teatrino a Venezia.
Pinault a Venezia
A Punta della Dogana il 17 marzo arriva Pierre Huyghe, con la più grande mostra fino ad oggi realizzata da questo artista prodotta in collaborazione con il Leeum Museum of Art di Seoul. L’artista francese l’ha costruita come popolata da entità ibride, umane e non, che si sviluppano senza distinzione gerarchica o determinazione specifica. Palazzo Grassi sempre da marzo dedica i suoi due piani al lavoro di Julie Meheretu, con un’esposizione sviluppata in collaborazione con il K21 di Düsseldorf, che ospiterà la mostra nel 2025. La mostra presenta più di sessanta opere dell’artista di origini etiopi, provenienti dalla Collezione Pinault, oltre a prestiti da musei collezioni o private. Prevede inoltre la presenza di scrittori come Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Robin Coste Lewis, Tacita Dean, David Hammons, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin, che mettono la pittura astratta dell’artista in dialogo con la poesia, la scultura, il film, la voce e la musica. Da aprile il Teatrino in Campo San Samuele ospiterà Song to the Siren film realizzato dall’artista belga Edith Dekyndt lungo la passeggiata che porta ai Giardini della Biennale.
Il programma 2024 di Collection Pinault non si ferma qui. Comprende premi e residenze come quella in sostegno al lavoro di Céleste Rogosin a Lens in vista di una mostra presso la fondazione regionale per le arti contemporanee FRAC Grand Large. A Hong Kong una mostra di Bruce Nauman in continuità con quella concepita per Punta della Dogana a Venezia nel 2021-2022. Composta da opere della Pinault Collection è realizzata con il Philadelphia Museum of Art e lo studio di Bruce Nauman: si tratta della prima retrospettiva su territorio asiatico dedicata all’artista americano. Dal 15 febbraio è già in atto, in questo caso in continuità con la presentazione chiusasi di recente Palazzo Grassi, la mostra Chronorama arrivata a Berino presso la Fondazione Helmut Newton. È costruita con immagini provenienti dagli archivi Condé Nast facenti ora parte della Collezione Pinault. La presenza di Steffie Brandl, Horst P. Horst, Frieda Gertrud Riess, ed Erwin Blumenfeld aiutano in questo caso a contestualizzare il lavoro di Newton nel panorama fotografico degli anni ’70.
L’impero Pinault
È impossibile non domandarsi come sia possibile un tale spiegamento di forze, una tale qualità e quantità di proposte, una rete globale di collaborazioni con enti pubblici e privati tra i più prestigiosi al mondo. Come sia possibile soprattutto da parte di una fondazione privata con una storia relativamente recente. I Pinault rappresentano un fulgido (è proprio questo il vocabolo più adeguato) di ibridazione tra arte, moda e finanza, una dinamica che merita attenzione. Il portafoglio di Artémis SA, holding di famiglia dei Pinault, comprende investimenti in brand moda, ma pure editoria, turismo, enogastronomia, sport e tecnologia. Tra i suoi gioielli ci sono Christie’s acquisita nel 1998, e spicca Kering il secondo gruppo del lusso al mondo (partecipato al 40,9%). Kering fondata nel 1993 è oggi presieduto dal figlio di Pinault, François Henry: significa supe brand moda Gucci, St. Laurent, Balenciaga, Alexander McQueen, Bottega Veneta, Boucheron, Brioni, Pomellato… Il gruppo è quotato alle borse di Parigi e Milano il suo fatturato annuo supera i 19 miliardi di euro. Anche Collection Pinault è una holding: fondata nel 1999 da Pinault (oggi 88enne) detiene i beni artistici e culturali di famiglia la collezione d’arte, gli spazi espositivi, gestisce i partenariati istituzionali e culturali, i prestiti artistici e i programmi per artisti in residenza. Pensare alle singole attività di Artémis come a comparti stagni è quanto di più lontano si possa immaginare dalla realtà. Qualunque sia il punto di osservazione appare chiaro che la passione per l’arte del fondatore non è mai stata distaccata dalle scelte operate nel fashion. Così come la stessa passione si è nutrita di logiche finanziarie mutuate da altre più proficue attività.
Il sistema produttivo più evoluto nella storia dell’uomo, quello che gli studiosi definiscono la quarta e più recente fase del capitalismo, ha fatto proprio dell’estetica uno dei suoi strumenti più potenti.
Aldo Premoli
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