I ritratti enigmatici di Matthias Bitzer a Milano
Lineamenti ambigui, che stuzzicano l’interpretazione e tratteggiano i volti di personaggi della mitologia antica. Sono questi i protagonisti della mostra milanese dell’artista tedesco
La galleria di Francesca Minini ospita la sua sesta mostra con Matthias Bitzer (Stoccarda, Germania, 1975) dal titolo Canary chorus. Per quest’occasione l’artista presenta un nuovo corpus di opere, che vertono tutte sul tema del ritratto.
Le opere di Matthias Bitzer in mostra a Milano
I lavori proposti nella mostra milanese sono soprattutto pitture su tela, che hanno per protagonista il volto: luogo metamorfico, dell’ambiguo e del doppio, costruito attraverso continui giochi di scomposizioni e ricomposizioni.
Queste forme transitorie, inserite nella struttura del divenire, altro non fanno che parlare della nostra identità, consegnando al pubblico la rivelazione della sua molteplicità. Perché definire l’identità significa, a ben vedere, definire l’ibrido, che è per sua natura qualcosa che non appartiene a una categoria ben precisa. È piuttosto un insieme frammentato, costituito di parti eterogenee.
I ritratti di Matthias Bitzer da Francesca Minini
L’esito formale della ricerca di Bitzer si traduce in una nuova dimensione figurativa in cui l’artista smonta e rimonta fisionomie e lineamenti, mettendo in scena l’universo del cangiante. Tra i suoi protagonisti spicca il mutaforma Proteus, la divinità capace di scrutare nelle profondità marine e di predire il futuro a chi è in grado di catturarlo. C’è poi Aletheia, enigmatico assemblage di volti moderni, colta nell’atto di svelarsi, di dischiudersi come suggerisce la radice etimologica greca del suo nome. Seguei il saltatore, Springer, con la faccia da cavallo, che, come la pedina degli scacchi, si muove in maniera imprevedibile. E ancora Narciso, il giovane vanitoso, famoso per la sua bellezza, raffigurato mentre cerca la propria immagine nello stagno, rappresentato fuori dalla cornice del quadro con un lacerto di legno dipinto di azzurro, nel quale però non vi è alcun riflesso. Un senso di spaesamento investe autore e spettatore, impegnati in un processo di costruzione partecipativa dell’identità e in cerca di una identificazione che forse non avrà mai fine.
“Dobbiamo imparare a risvegliarci e restare svegli, non con ausili meccanici, ma con un’infinita attesa dell’alba”, scrive Henry David Thoreau (filosofo americano) nel suo libro Disobbedienza civile (1849), che ha ispirato il lavoro di Bitzer. In quest’opera, l’autore racconta una scena in cui un canarino entra dalla finestra nello studio di un artista. È proprio ciò che ha dato il titolo al progetto espositivo.
Francesca Interlenghi
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