Tensione ed equilibrio nella mostra di Michele Spanghero a Venezia
La mostra di Michele Spanghero alla Galleria Alberta Pane di Venezia svela un lato poco conosciuto dell’artista, con opere che risultano dall’equilibrio di forze opposte ma inseparabili
Negli ultimi anni siamo stati abituati a pensare Michele Spanghero (Gorizia, 1979) soprattutto in relazione al suo peculiare approccio alla sound art, che l’ha reso uno degli artisti più interessanti della sua generazione. Eppure, la sua prima mostra negli spazi della Galleria Alberta Pane di Venezia lascia emergere un altro lato, più personale e riflessivo, di certo non meno ricco di spunti.
La mostra di Michele Spanghero a Venezia
Ben diversa dalla sua recente rassegna Tracks nel veneziano Palazzetto Tito – Fondazione Bevilacqua La Masa, che esponeva, con un approccio antologico, opere in cui Spanghero indaga il suono nelle sue potenzialità concettuali, spaziali e – perché no? – emotive, la mostra da Alberta Pane pare una finestra sull’intimità di un artista che accoglie l’incertezza, il ripensamento e li trasforma in opere d’arte. Il titolo della mostra, per l’appunto, è L’esprit de l’escalier, espressione mutuata da Diderot che indica quella particolare situazione in cui la risposta giusta a una provocazione sovviene solo in un secondo momento, rivelandosi così nella sua – ormai – inutilità.
Così, le opere presentate in mostra assumono la qualità di elaborazioni scaturite da momenti di impasse creativa, eppure estremamente precise. Per l’occasione, l’artista realizzerà una performance in data 24 febbraio 2024 alle 18.30, negli spazi della galleria.
Le opere di Michele Spanghero da Alberta Pane
Nelle opere qui esposte, dicevamo, il suono non trova pressoché spazio. C’è piuttosto la sua assenza, la sua impossibilità: come nel lavoro Nothing to say (2021), la riproduzione in cemento di un megafono con l’amplificatore addossato al muro, e quindi condannato a essere muto. La contraddizione apparente è protagonista anche della serie Zero Sum, vera protagonista (tanto a livello ambientale quanto concettuale) della mostra: elementi metallici tubulari e ricurvi sono tenuti insieme da cinghie arancioni che assumono la forma di solidi e poligoni geometrici (il cubo, il tetraedro e il triangolo rettangolo). Come rivela il titolo, Spanghero raggiunge in queste opere la “somma zero”, ovvero l’equilibrio tra forze contrapposte, che ne permette l’inaspettata stabilità. Chiedersi se siano i tubi a mantenere in posizione le cinghie o quest’ultime a preservare i primi dal rovinare sul pavimento, con un clangore che vive solo nell’immaginazione dello spettatore, è cosa vana: l’opera esiste proprio nella contrapposizione tra ciò che si vede e ciò che sembra logico aspettarsi. Ovvero l’impossibilità (solo apparente) di realizzare un equilibrio, in una tensione percettiva che è uguale e contraria a quella fisica delle cinghie. Pare dunque che la vera somma zero sia quella tra chi osserva e chi crea, attraverso la mediazione di un’opera che è in realtà un sistema, fatto di elementi, seppur opposti, inesorabilmente codipendenti.
Alberto Villa
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