Segni e oggetti. I grandi della Pop Art in mostra al Guggenheim di Bilbao 

Warhol, Lichtenstein, Rosenquist, Rauschenberg. Ma anche Niki de Saint Phalle, Chryssa e gli italiani Mimmo Rotella e Maurizio Cattelan. Il Guggenheim di Bilbao dedica una mostra alla grande Pop Art

Sono passati cinquant’anni da quando, nel 1964, la rivista Life si chiedeva se Roy Lichtenstein fosse “il peggior artista degli Stati Uniti“. Quindici anni prima, la stessa rivista salutava Jackson Pollock come “il più grande artista vivente degli Stati Uniti”. Bastano questi accattivanti titoli per comprendere la carica controculturale della Pop Art, movimento la cui nascita si riconduce all’opera Just what is it that makes today’s homes so different, so appealing?, realizzata dal britannico Richard Hamilton nel 1956. Fu il critico Lawrence Alloway, nel 1958, a coniare il termine “Pop Art” e, cinque anni dopo, a curare la mostra al Solomon R. Guggenheim Museum di New York che costituirà uno dei primi segnali del progressivo riconoscimento istituzionale del movimento. Il titolo originario della mostra, poi sostituito con Six Painters and the Object, doveva essere Signs and objects. Lo stesso che le curatrici Lauren Hinkson e Joan Young hanno scelto per l’esposizione inaugurata a febbraio 2024 al Guggenheim Museum di Bilbao, che riunisce quaranta opere provenienti dalla collezione Guggenheim. Un omaggio che, come vedremo, non si limita alla citazione, ma parzialmente se ne distanzia, con esiti più o meno felici. 

Roy Lichtenstein, Grrrrrrrrrrr!!, 1965
Roy Lichtenstein, Grrrrrrrrrrr!!, 1965. Photo Midge Wattles, Solomon R. Guggenheim Museum, New York. © Roy Lichtenstein © Solomon R. Guggenheim Museum, New York

La Pop Art al Guggenheim di Bilbao 

Con l’unica eccezione di Jasper Johns, tutti gli artisti selezionati da Alloway nel 1963 figurano nella mostra di Bilbao: Robert Rauschenberg, Jim Dine, Roy Lichtenstein, James Rosenquist e Andy Warhol costituiscono il nucleo storico della rassegna, con opere risalenti ai primi Anni Sessanta, come Pearls di Jim Dine (1961). Eppure, Hinkson e Young decidono di estendere i confini del movimento, tanto geograficamente quanto temporalmente. Fino a farvi rientrare anche opere che si riferiscono ancora molto alle esperienze New Dada e lavori a noi contemporanei che sono forse poco facilmente ascrivibili, tout court, al Pop tradizionalmente inteso. Se da un lato la mostra ha il pregio di riunire opere di artisti di primo piano nella storia dell’arte contemporanea, dall’altro è limitata proprio dall’attingere solamente dalle collezioni Guggenheim: una scelta che sicuramente permette un risparmio e sottolinea uno sguardo retrospettivo, ma che comporterebbe una maggiore riflessione critica sul passato e sul ruolo del museo che purtroppo viene a mancare. Pregevole invece è la selezione di artisti che indagano il Pop da prospettive extra-occidentali e non esclusivamente maschili. 

Le opere in mostra al Guggenheim di Bilbao 

La mostra, come suggerisce il titolo, è suddivisa in due sezioni principali, ciascuna dedicata rispettivamente ai Segni e agli Oggetti che hanno caratterizzato la Pop Art. L’accoglienza del visitatore è affidata a Daddy, Daddy: in una vasca d’acqua, Maurizio Cattelan ci mostra un disneyano Pinocchio galleggiare a faccia in giù, con le braccia spalancate; un’opera che parla di fallimento (Pinocchio si è verosimilmente gettato in un gesto estremo) ma anche, come suggerisce il titolo, una riflessione sul ruolo del padre, due tematiche spesso presenti nel corpus dell’artista padovano.  Se nella prima sala fanno da padroni i fumettistici dipinti di Lichtenstein, Warhol con la sua serie sui Disastri e un suo imponente autoritratto, Hamilton e i suoi altorilievi in vetroresina che ritraggono la spirale del Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Ma anche James Rosenquist, l’artista greca Chryssa, Josephine Meckseper e Douglas Gordon, il quale si appropria del noto film warholiano Empire (1965) e lo ridefinisce quale propria opera d’arte. La sezione Oggetti, invece, esplora le diversità materiche che sottolineano l’eredità neodadaista della Pop Art, in particolare nelle opere di artisti quali Rauschenberg, e le affinità al Noveau Realisme, nelle elaborazioni europee di Sigmar Polke, Mimmo Rotella e Niki de Saint Phalle. La stessa sala presenta anche alcune divertenti opere di Claes Oldenburg, il cui pezzo forte, tuttavia, si trova in un altro spazio del museo: un Volano molle di proporzioni pantagrueliche occupa un’intera sala dagli alti soffitti, giocando con la percezione dei visitatori e sfidando l’idea vetusta di museo quale luogo di serietà istituzionale e avversa all’ironia. 

Alberto Villa 

Bilbao // fino al 15 settembre 2024
Segni e oggetti. Pop Art dalla Collezione Guggenheim
GUGGENHEIM MUSEUM
Avenida Abandoibarra, 2
https://www.guggenheim-bilbao.eus/en

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Alberto Villa

Alberto Villa

Nato in provincia di Milano sul finire del 2000, si occupa di critica e curatela d'arte contemporanea. Si laurea in Economia e Management per l'Arte all'Università Bocconi con una tesi sulle produzioni in vetro di Josef Albers e attualmente frequenta…

Scopri di più